[…]
E’ vero che posso imporre rigidi confini al concetto ‘numero’, posso cioè usare la parola “numero” per designare un concetto rigidamente delimitato; ma posso anche usarla in modo che l’ estensione del concetto non sia racchiusa da alcun confine. E proprio così usiamo la parola “giuoco” (68)
[…]
I nostri chiari e semplici giuochi linguistici non sono studi preparatori per una futura regolamentazione del linguaggio, – non sono, per così dire, prime approssimazioni nelle quali non si tiene conto dell’ attrito e della resistenza dell’aria. I giuochi linguistici sono piuttosto termini di paragone, intesi a gettar luce, attraverso somiglianze e dissomiglianze, sullo stato del nostro linguaggio. (130)
[…]
Il nostro errore consiste nel cercare una spiegazione dove invece dovremmo vedere questo fatto come un ‘fenomeno originario’. Cioè dovremmo dire: si giuoca questo giuoco linguistico. (654)
[…]
Non si tratta di spiegare un giuoco linguistico per mezzo delle nostre esperienze, ma di prendere atto di un giuoco linguistico. (655)
[…]
Bada al giuoco linguistico come a ciò che è primario. (656)
[…]
una spiegazione può bensì poggiare su un’ altra spiegazione già data, ma nessuna spiegazione ha bisogno di un’ altra – a meno che non ne abbiamo bisogno noi per evitare un fraintendimento. (87)
Fonte: Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino, 1999