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Se un leone potesse parlare, noi non potremmo capirlo. (p. 292)
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Dicendo: “ogni parola di questo linguaggio designa qualcosa” non abbiamo detto propri niente; a meno che non abbiamo precisato quale distinzione intendiamo fare. (13)
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si può immaginare che sia uno di quei giochi mediante i quali i bambini apprendono la loro lingua materna. Li chiamerò giuochi linguistici e talvolta parlerò di un linguaggio primitivo come di un giuoco linguistico [….] Inoltre chiamerò giuoco linguistico anche tutto l’ insieme costituito dal linguaggio e dalle attività di cui è intessuto. (7)
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Qui la parola giuoco linguistico è destinata a mettere in evidenza il fatto che il parlare un linguaggio fa parte di un’ attività, o di una forma di vita (23)
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Ciò che chiamiamo “linguaggio” è, innanzi tutto, l’ apparato del nostro linguaggio ordinario, del nostro linguaggio parlato; e poi altre cose, secondo la loro analogia o la loro confrontabilità con esso. (494)
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Riconosciamo che ciò che chiamiamo “proposizione”, linguaggio”, non è quell’ unità formale che immaginavo, ma una famiglia di costrutti più o meno imparentati l’ uno con l’ altro. […] – Il pregiudizio della purezza cristallina della logica può essere eliminato soltanto facendo rotare tutte quante le nostre considerazioni. (Si potrebbe dire: La considerazione deve essere rotata, ma attorno al perno del nostro reale bisogno.) La filosofia della logica parla di proposizioni e di parole in un senso per nulla diverso da quello in cui ne parliamo nella vita quotidiana […] Parliamo del fenomeno spazio-temporale del linguaggio; non di una non-cosa fuori dello spazio e del tempo. […] Ma ne parliamo come parliamo dei pezzi degli scacchi quando enunciamo le regole del giuoco, e non come quando descriviamo le loro proprietà fisiche. La domanda “Che cos’è, propriamente, una parola?” è analoga alla domanda: “Che cos’è un pezzo degli scacchi?”. (108).
Fonte: Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino, 1999