Nella prima orazione vichiana, c’è sicuramente ancora una concordanza con le tesi malenbranchiane, ma ci sono anche tracce di quella insoddisfazione, per la quale, il Vico si lamenta della filosofia che non ha fino ad ora, mai parlato degnamente dei moti dell’animo.
Vico nella prima orazione parla anche dei poeti che anelano a Dio attraverso la fantasia. “I poeti rivelano quanto grande e quanto meravigliosa sia la sua forza e la sua efficacia essi che, mentre con l’aiuto della fantasia cercano di raggiungere il mirabile e il sublime, vi tendono con tutta l’anima loro, e rapiti fuori di sé da questo sforzo di volontà affidano ai versi quelle loro creazioni che, quando è venuta meno, come un vento, la loro ispirazione, credono che sia di una mente superiore, e a stento riescono a credere che sono il frutto del loro ingegno”[1].
Un movimento volontario, un “conato”, che trascina il poeta fuori di sé, in estasi verso Dio.
Sembra che qui il filosofo napoletano intenda avvicinare il suo concetto di conato alla dottrina platonica del furore poetico, quale si rappresenta, in particolar modo, nei dialoghi Fedro e Ione, oltre che nell’opera di Cicerone De natura deorum, nella quale egli riprendeva la definizione di natura data dallo stoico Zenone di Cizio, di una natura cioè permeata dal fuoco generatore, perennemente attivo. Giacché per gli Stoici, “solo il corpo esiste”, ed anche se Dio è il “principio attivo” e la natura quello “passivo”, e quindi essi debbono esser considerati come distinti, questa distinzione non deve invadere anche alle categorie del “corporeo” e dell’”incorporeo”. Sia Dio sia la Natura sono corpo. Anche Dio è corpo, e il suo corpo è più precisamente fuoco, soffio caldo (pneuma), che permea e dà la vita al tutto. Cicerone, dall’analogia dell’inarrestabile attività del fuoco con l’arte passa a quella tra il fuoco universale e l’uomo, tra il macrocosmo e il microcosmo, << come l’uomo ha emozioni e sensazioni, così la natura, ossia il fuoco universale, ha quegli impulsi della volontà, quei conati >>[2].
[1] G.B. Vico, Le orazioni inaugurali I-VI, cit., p. 93.
[2] G. Costa, Genesi del concetto vichiano di fantasia, cit., p. 325.