“La musa del cielo”, l’ottava delle nove generate da Giove, costituisce per Vico il passaggio dal Calendario agrario realizzatosi nella figura di Saturno a quello astrologico, che segna il passaggio dall’arte divinatoria applicata agli eventi terrestri ad una più precisa capacità descrittiva dei moti celesti.
Alla nascita dell’astrologia e della astronomia si affianca la formazione delle scienze matematiche e geometriche: << Talché la prima musa dovett’essere Urania, contemplatrice del cielo affin di prender gli aùguri, che poi passò a significare l’astronomia […] >>[1].
Quindi i Caldei, grazie alle loro immense pianure poterono coltivare l’astronomia e l’astrologia: Onde, finalmente, la mattematica scese a misurare la terra, le cui misure non si potevan accertare che da quelle dimostrate del cielo, e la prima e principale sua parte si portò il proprio nome, col quale è detta “geometria”[2].
Urania è la musa del “bene e del male”, dell’ingegno celestiale, essa segna il passaggio dalla “teologia poetica”, alla “teologia naturale”, il tutto inquadrato nell’universale sviluppo della sapienza. L’evoluzione che si realizza nel passaggio dal poetico-divino al razionale-scientifico viene da Vico strettamente connesso al diverso modo in cui l’uomo si rapporta al “cielo”: gli uomini antichi prima lo identificarono con Giove, fase questa della teologia divino-poetica, e poi dalle divinazioni si passò all’astronomia e quindi alla musa Urania, dea protettrice di questa scienza.