Freud respinse i modelli di Meyenert e Charcot che assumevano un punto di vista sostanzialmente localizzazionista rispetto alle funzioni cerebrali, sostenendo invece quello di J. H. Jackson che avallava l’ipotesi che i processi psichici non dovrebbero essere individuati in specifiche aree cerebrali: «Tutto ciò che sta in mezzo fra [il sistema cerebrale e la coscienza] ci è sconosciuto, e non è data una relazione diretta fra i due estremi del nostro sapere. Ma se pure una tale relazione esistesse, al massimo potrebbe fornire un’esatta localizzazione dei processi della coscienza, comunque non potrebbe aiutarci a comprenderli meglio»[i].
La memoria esplicita è dichiarativa e conscia, quella implicita è
procedurale ed emotiva. La memoria procedurale raggruppa le abilità e le
abitudini non solo cognitive e motorie, ma anche percettive.[ii]
Per esempio, andare in bici, dopo un po’ di allenamento diventa facile ed
automatico, fino al punto da diventare un’abitudine e quindi, tali azioni,
possono essere eseguite in modo “inconsapevole”, attraverso i gangli della
base, la corteccia motoria e il cervelletto e pertanto non necessitano più di
un monitoraggio delle parti alte del cervello, quelle corticali. Quindi, da
memoria esplicita, l’abilità di andare in bici viene ad un certo punto presa in
carico da quella implicita. Cohen e Squire hanno per primi avanzato l’ipotesi
di una memoria implicita differenziata da quella esplicita. In Ricordare, ripetere e rielaborare Freud
sottolinea invece che l’acting out, è
alla base della coazione a ripetere, in quanto impulso a ricordare.[iii]
Agire, fare qualcosa, sembra essere l’unica modalità attraverso la quale
possiamo accedere a certi ricordi, è un modo per esprimere qualcosa, una parte
di quel ricordo, la parte esplicita, perché quella implicita non è possibile
esprimerla, perché quella parte non è stata possibile registrarla perché
riguarda ricordi-non-ricordi a causa del mancato sviluppo delle strutture
cerebrali predisposte per la memoria. L’affetto spinge per imporsi, per
esprimersi anche quanto manca la marcatura del contesto, la marcatura
temporale, insomma tutti i dettagli del ricordo, perché l’ippocampo, nella
prima infanzia, non è ancora maturo e dunque non riusciamo a comprendere che quell’affetto probabilmente non si
riferisce all’adesso ma a qualcosa del passato. Quindi, rispetto ai ricordi
di copertura, alle amnesie infantili resta qualcosa che non può non restare, non può essere dimenticato anche perché non
è mai stato qualcosa di veramente cosciente.
Attraverso la memoria implicita sarebbe possibile la
rimozione di alcuni ricordi, ricordi per i quali la parte dichiarativa è
assente o comunque troppo sbiadita e confusa proprio per l’immaturità
funzionale del cervello che non è ancora in grado immagazzinare quei ricordi.
Allora l’acting out diventa la
modalità elettiva attraverso la quale è possibile l’accesso a certi ricordi. C’è
una memoria non rimossa della quale emergono soltanto dei frammenti fugaci e
indecifrabili. Anche Melanie Klein parla di memories
in feeling, che sono ricordi affettivi di esperienze precoci.
[i] Freud S., Compendio di psicoanalisi, OSF, vol. 11, p.572.
[ii] Cohen N., Squipe L. (1980) Preserved learning and retention of pattern-analyzing skill in amnesia: dissociation of knowing ho and knowing that, Science 210:207-209.
[iii] Freud S., Ricordare, ripetere e rielaborare, OSF, vol. 7, p.355-56.