Il neonato, solo, privo dell’Altro vive una condizione di assoluta impotenza.[i]
È attraversato da sensazioni frammentate.
Per esempio quella della fame è vissuta come un stato di tensione che cresce, momento dopo momento e al quale viene associata inevitabilmente un valore di dispiacere, di dolore.
Quella condizione di angoscia può essere attenuata solo da un’azione di qualcuno. Il neonato, da solo, è impotente, il neonato è in balia dell’Altro.
Non è in grado di nutrirsi da solo, non ha le capacità sensoriali e motorie per farlo.
L’unica cosa che può fare, è gridare.
L’Altro è la madre (o chi per essa) che risponde al grido offrendogli un seno che lo nutre, sollevandolo dal bisogno. Il seno offre un senso a quel grido.
Tra il grido e il sollievo indotto dall’azione dell’Altro si forma un’associazione.
L’associazione tra il grido e l’azione coincidono nel tempo, in una simultaneità.
Su questo passaggio Freud insisterà a lungo[ii].
L’accadere della voce, il lattante che grida non è un emittente, questo è evidente a noi che l’osserviamo dal l’esterno. Il neonato che grida è la percezione del grido.
Non c’è, tempo uno: chi grida. E poi, tempo due: il grido che viene percepito.
All’emergere della voce emerge anche l’emittente di quella voce.
L’emittente è l’effetto della percezione del grido e non la causa.
Nel tempo uno non abbiamo l’essere vivente che grida, non abbiamo il “sono”, ma la voce, cioè l’essere in terza persona, l’“è” della voce che vibra, che risuona “là” e che viene sentita “qui”.
L’uomo nasce come un grido disperso nell’oscurità che si umanizza se qualcuno risponde.
La risposta trasforma il grido in una domanda.
Il baratro dell’angoscia si esperisce proprio quando ritorniamo a essere grido disperso nell’oscurità, un suono senza senso.
La prima cellula del desiderio: il grido è una domanda che domanda una traduzione, d’amore, cosa sono per te?
Avviene una sorta di condizionamento di pavloviana memoria con l’unica differenza, non da poco tuttavia, che per il nostro neonato è la realtà interna, ovvero la sensazione corporea della fame a scatenare il grido e non il suono della campana che fa da stimolo condizionante per il povero cagnolino affamato nell’esperimento di Pavlov.
Tale simultanea associazione, tra i due stimoli coincidenti, quello appartenente alla realtà interna, ossia l’impotenza e l’angoscia conseguente e quello proveniente dalla realtà esterna, ossia l’intervento dell’Altro che offre nutrimento, tale associazione, lascia una traccia.
Una registrazione, legame che trova la sua iscrizione nel corpo, nella dimensione neurale, sinaptica del nostro essere.
Tale esperienza di soddisfacimento è un’esperienza originaria che Freud postula essere l’unica in grado di eliminare o quanto meno attenuare, grazie all’azione dell’Altro, quella insostenibile tensione interna creata dalla sensazione di un bisogno vitale, come quello di mangiare.
L’immagine di ciò che produce soddisfacimento, l’immagine dell’oggetto cibo, il seno, diverrà fondamentale per una iniziale messa in moto del desiderio e sarà pertanto pesantemente investita anche in assenza dell’oggetto reale (il seno) e ciò si tradurrà in un soddisfacimento allucinatorio del desiderio.
Questa immagine diverrà la stella polare che orienterà in seguito la ricerca dell’oggetto di soddisfacimento. Infondo il “siderare” del “desiderare” ci indica proprio il fissare attentamente le stelle (dal latino sidera) come con-siderare “fissare lo sguardo ad una cosa che attrae”.
L’esperienza di soddisfacimento viene articolata da Freud nel Progetto di una psicologia e ripresa nel famoso capitolo VII di L’interpretazione dei sogni.
L’esperienza di soddisfacimento è dovuta “all’impotenza iniziale degli esseri umani”[iii].
Il lattante è incapace di compiere l’azione specifica in grado di porre fine a quell’insostenibile turbamento prodotto dalle eccitazioni interne.
Necessita per questo dell’intervento di qualcuno in grado di porre fine a quella tensione.
Il soddisfacimento, da questo momento in poi resta indissolubilmente intrecciato all’oggetto che lo ha provocato e, allo stesso tempo, all’immagine dinamica del movimento involontario, riflesso, che ha reso possibile la scarica.
Al ripresentarsi della tensione, l’immagine viene reinvestita e si attiva grazie al desiderio che produrrà qualcosa di simile ad una percezione, ma è una percezione di qualcosa che non c’è più, un’allucinazione. E quando ci si attiverà per afferrare l’oggetto desiderato ciò che resterà è la delusione.[iv]
Il neonato non riesce ancora a rendersi conto della presenza reale dell’oggetto, e il massiccio investimento dell’immagine produce lo stesso effetto di realtà che produrrebbe la sua percezione reale. Quindi ci troviamo davanti ad una forma di soddisfacimento reale ed una allucinatoria, nell’insieme, nella coincidenza di queste due forme si struttura il desiderio che è messo in moto dalla ricerca infinita del soddisfacimento reale che di fatto incontra solo e soltanto una allucinazione di quell’oggetto reale e primitivo.
Continuamente il soggetto confonde l’allucinazione
con le percezioni.[v]
La traccia è non-presenza,
è un passato che non sarà mai presente, è differenza assoluta, alterità
impensabile, la traccia non può essere riprodotta, è altra, irrappresentabile è
una scrittura invisibile che appare e ci situa in una certa, indicibile,
tonalità sensoriale.
[i] Freud S., Progetto di una psicologia, OSF Vol. 2, p. 223, (L’esperienza di soddisfacimento), vedi anche Inibizione sintomo e angoscia, OSF, Vol. 10, p. 285-286: «Con l’esperienza che un oggetto esterno percepibile può metter fine alla situazione pericolosa che ricorda la nascita, il contenuto del pericolo si sposta ora dalla situazione economica alla condizione di essa, e cioè alla perdita dell’oggetto. Il non trovar la madre diventa ora il pericolo al cui verificarsi il poppante dà il segnale d’angoscia, prima ancora che sia subentrata la temuta situazione economica. Questa trasformazione significa un primo grande progresso nella salvaguardia dell’autoconservazione, mentre al tempo stesso conclude il passaggio dal riprodursi involontario e automatico dell’angoscia alla sua riproduzione intenzionale come segnale di pericolo. In entrambi i riguardi, sia come fenomeno automatico, sia quale segnale di salvataggio, l’angoscia appare il prodotto dello stato di impotenza psichica dcl poppante, stato che corrisponde perfettamente alla sua impotenza biologica. L’appariscente concordanza per cui tanto l’angoscia della nascita quanto quella del poppante riconoscono la condizione della separazione dalla madre, non richiede alcuna interpretazione psicologica; essa si spiega biologicamente in modo abbastanza semplice in base al fatto che la madre, la quale ha appagato fin dall’inizio tutti i bisogni del feto mediante le organizzazioni del suo corpo, prosegue la sua funzione in parte con altri mezzi anche dopo la nascita.»
[ii] Simultaneità: (Gleichzeitigkeit) Vedi Freud, Progetto di una Psicologia, Vol.2, 1895, 223-224.
[iii] Freud S., Progetto di una psicologia, OSF, Vol.2, p. 223.
[iv] «…questa attivazione operata dal desiderio produrrà in prima istanza qualcosa di uguale a una percezione: cioè, un’allucinazione. Se si introdurrà inoltre un’azione riflessa, inevitabilmente ne risulterà una delusione» Freud, OSF, Vol.2, p. 224.
[v] Freud in Interpretazione dei sogni riprende e riarticola il concetto di esperienza di soddisfacimento all’insegna di due nuovi concetti: identità di percezione e identità di pensiero, sostenendo che sia per vie dirette, ovvero allucinando, che per vie indirette, ovvero attraverso un’azione guidata dal pensiero, il soggetto cerca sempre e comunque «la percezione che è collegata col soddisfacimento del bisogno» (Freud, OSF, Vol. 3, p. 516). In La negazione Freud insiste nuovamente sulla irriducibilità di quel soddisfacimento primitivo, fondativo per la successiva ricerca degli altri oggetti di soddisfacimento: «si riconosce … come condizione necessaria per l’istaurarsi dell’esame di realtà il fatto che siano andati perduti degli oggetti che in passato avevano portato a un soddisfacimento reale» (Freud, OSF, Vol. 10, p. 200).