Il tabù dei morti
Il tabù dei morti, si presenta particolarmente crudo e virulento presso quasi tutti i popoli primitivi. Chiunque sia entrato in contatto con il morto o sia in lutto per lui, dovrà attenersi a delle regole ben precise. Le usanze connesse al tabù relativo al contatto fisico con i cadaveri sono uguali in tutta la Polinesia e la Melanesia e in parte dell’Africa: l’elemento ricorrente è il divieto di toccare cibo e quindi sarà necessario farsi imboccare per poter mangiare. Dello stesso tipo sono le limitazioni tabù a cui devono sottostare le persone che hanno avuto contatto con i morti ma in senso traslato. Uno degli usi più significativi connessi al tabù del lutto è il divieto di pronunciare il nome del defunto. Infatti il nome per i selvaggi è una parte essenziale nonché un patrimonio fondamentale della personalità. Anche i nevrotici ossessivi, per quanto riguarda i nomi, assumono comportamenti come quelli dei selvaggi. I selvaggi manifestano apertamente il loro timore per la presenza o il ritorno dello spirito del defunto. L’idea di fondo è che il caro defunto diventi, nell’atto stesso di morire, un demone dal quale i famigliari che restano possono aspettarsi solo ostilità e dalle cui brame maligne non debbano far altro che difendersi con ogni mezzo. L’ambivalenza delle emozioni umane è più palese là dove il famigliare in lutto si autorimprovera sia per la morte dell’amato e che per l’inconscia soddisfazione che sente per quella morte. Il fenomeno del tabù consente di comprendere meglio l’origine della coscienza morale: probabilmente la coscienza morale nasce, avendo come base una condizione di ambivalenza emotiva, da relazioni umane ben precise connesse a questa ambivalenza e in quelle condizioni che incontriamo sia nel tabù che nelle nevrosi ossessive; uno dei due elementi emotivi contrastanti resta inconscio, tenuto in stato di rimozione, rispetto all’altro elemento che resta coercitivamente dominante. Nei popoli selvaggi prevale il timore che, violare un tabù, provocherà una punizione per il trasgressore; nella nevrosi ossessiva, invece, se il paziente fa qualcosa che gli è proibito, la sua preoccupazione è che la punizione colpisca un’altra persona piuttosto che lui stesso. Nel caso della nevrosi ossessiva, il desiderio originario della morte di una persona cara è sostituito dall’angoscia che questa possa morire; la nevrosi, in questo caso, assume la funzione di compensare l’opposto atteggiamento di base, caratterizzato da un primitivo egoismo. Le nevrosi, dice Freud, sono “formazioni asociali”, che cercano di ottenere con strumenti individuali, ciò che invece nella società si produce grazie ad un lavoro collettivo.