Fonte: Plotino, Enneadi, Rusconi, Milano, 1992, pag. 1307. Enneadi, VI, 8, 8
Noi vediamo che la libertà non è una cosa accidentale per Lui, ma, partendo dalla libertà che c’è negli altri esseri ed eliminando i contrari, osserviamo la libertà in sé: noi cosí trasferiamo a Lui le qualità inferiori che vediamo negli esseri inferiori, poiché non siamo in grado di cogliere ciò che dovremmo dire di Lui. Nulla noi sapremmo trovare che lo riguardi, tanto meno poi che sia attinente alla sua essenza. Tutto ciò che è bello e santo è posteriore a Lui, poiché di tutto questo Egli è il Principio (anche se, in un altro senso, non sia nemmeno principio). E come abbiamo eliminato da Lui ogni proprietà, cosí eliminiamo come cose posteriori la libertà e il libero arbitrio: questi infatti sono attributi che enunciano una forza rivolta verso l’esterno, e cioè che Egli non ha ostacoli e che perciò esistono altre cose di fronte alle quali Egli è libero. È necessario invece negare che Egli abbia un qualsiasi rapporto con esse, poiché Egli è quello che è anche prima di esse. Gli togliamo infatti anche il termine “è”, e con esso, qualsiasi rapporto con gli esseri (tà ónta). […]