Fonte: A. Tarski, Truth and Proof, trad. it. in E. Casari, La filosofia della matematica del ‘900, Sansoni, Firenze, 1973, pagg. 75-77
Un’antinomia sorge, invece, ogniqualvolta si sia in grado di dimostrare che una delle proposizioni del libro è sia vera sia falsa, indipendentemente da ogni ipotesi sulla verità o falsità delle rimanenti proposizioni. L’antinomia del mentitore risale all’antichità. Di solito viene attribuita al logico greco Eubulide; essa ha tormentato molti logici antichi e ha causato la morte prematura di almeno uno di essi, Fileta di Coo. Altre antinomie e paradossi furono scoperti nell’antichità, nel medioevo e in tempi recenti. Sebbene molte di esse siano ormai completamente dimenticate, l’antinomia del mentitore viene ancora analizzata e discussa negli scritti contemporanei. Assieme ad alcune recenti antinomie scoperte all’inizio del secolo (in particolare l’antinomia di Russell), essa ha avuto un grande influsso sullo sviluppo della logica moderna.
Nella letteratura sull’argomento si incontrano due modi diametralmente opposti di affrontare le antinomie. Uno è quello di ignorarle, di trattarle come sofismi, come giochi che non sono seri ma maliziosi e che mirano soprattutto a dimostrare l’ingegnosità di chi le formula. L’atteggiamento opposto è caratteristico di certi pensatori del XIX secolo ed è ancora presente o lo era fino a poco tempo fa. Secondo questo modo di vedere, le antinomie costituiscono un elemento essenziale del pensiero umano: esse continueranno a comparire nelle attività intellettuali e la loro presenza è la fonte basilare del vero progresso. Come spesso accade, la verità è probabilmente una via di mezzo. Personalmente, come logico, non posso persuadermi che le antinomie siano un elemento permanente del nostro sistema di conoscenze; tuttavia non sono affatto incline a prendere le antinomie alla leggera. La comparsa di un’antinomia è per me un sintomo di malattia: partendo da premesse che sembrano intuitivamente ovvie, usando forme di ragionamento che intuitivamente sembrano sicure, un’antinomia ci conduce a conclusioni assurde, contradditorie. Ogni volta che ciò accade, dobbiamo sottoporre i nostri modi di pensare a una revisione approfondita, rinunciare a certe premesse, alle quali credevamo, oppure migliorare certe forme di ragionamento che eravamo abituati a usare. E questo lo facciamo nella speranza non solo di liberarci dell’antinomia, ma anche di non incontrarne di nuove. A questo scopo mettiamo alla prova il nostro pensiero cosí riveduto con tutti i mezzi a disposizione, e per prima cosa cerchiamo di ricostruire la vecchia antinomia nella nuova sistemazione; queste prove costituiscono un’attività molto importante nel campo del pensiero speculativo, simile a quella di condurre a termine degli esperimenti cruciali nella scienza empirica.