Damasio ha studiato dei soggetti con lesioni nella regione prefrontale (in particolare nel settore ventrale e mediale, e nella regione parietale destra), e a partire da questi studi ha avanzato la teoria del marcatore somatico. La porzione mediale della corteccia prefrontale orbitale è collegata con le strutture limbiche, ed è coinvolta nei processi affettivi ed emotivi e nella capacità decidere orientati ad uno scopo; nella fattispecie, le regioni mediali inferiori, sono implicate, unitamente alle regioni orbitali mediali, nel controllo delle emozioni e del comportamento. Il circuito orbitofrontale mediale collega la corteccia prefrontale mediale con la corteccia cingolata anteriore, l’amigdala e le altre strutture limbiche. In questo circuito la corteccia prefrontale mediale riceve afferenze dalle strutture sottocorticali e mesencefaliche collegate con i circuiti del piacere e della gratificazione. Il ruolo funzionale della corteccia prefrontale mediale è descritto da alcuni dati sperimentali: l’attivazione della corteccia prefrontale mediale nei compiti che implicano il coinvolgimento di differenti emozioni, suggerisce l’ipotesi, che tale struttura, abbia un ruolo “generale” nel processo di elaborazione emozionale, sul versante della stima, dell’esperienza e della risposta. È verosimile dunque che l’attività della corteccia prefrontale mediale sia coinvolta nell’elaborazione di quegli aspetti cognitivi correlati al processo emozionale. L’attività di questa struttura potrebbe inoltre essere implicata nella regolazione delle emozioni, di fatto le regioni prefrontali sono collocate in una posizione decisiva per adempiere alla modulazione dell’attività limbica; la corteccia prefrontale mediale con le vaste connessioni alle strutture limbiche sottocorticali rappresenta molto probabilmente una zona di interazione tra i processi affettivi e processi cognitivi. La funzione del circuito orbitofrontale mediale è quella di mediare le risposte empatiche e socialmente appropriate. Nel caso di disfunzioni quindi è coinvolto nel cambiamento di personalità: impulsività, transitorietà emozionale, smisurata irascibilità, incapacità a rispondere agli stimoli sociali in modo pertinente, assenza di giudizio ed empatia, commenti sessuali inopportuni e inadeguata giocosità.
Le attivazioni fisiche (tensione muscolare, sudorazione, tachicardia…) a seguito di un’esperienza carica emotivamente (es. un incidente in auto) si imprime nel cervello come un segnale somatico.
Si configurano un insieme di “microsegnali” somatici in forma di aggiustamenti percettivi, che coinvolgono la visione, il sistema muscolare, le visceri, il sistema endocrino: reazioni del corpo che hanno la funzione di ottimizzare la preservazione della vita.
Quindi la percezione coinvolge segnali sensoriali specializzati (la vista, l’udito…) e segnali che sono l’effetto degli aggiustamenti corporei. Cioè non avremo mai una percezione pura, scevra dagli aggiustamenti somatici necessari, cioè quando incontriamo uno stimolo che produce una emozione viene attivata l’amigdala e il sistema limbico (attraverso i canali sensoriali) e ciò produce l’emersione di uno stato somatico piacevole o spiacevole, che stimola a sua volta il sistema limbico, l’amigdala e la corteccia somato-sensoriale ed insulare e ciò produce una mappa somato-sensoriale di quella reazione fisica allo stimolo, cioè uno schema sensoriale. La corteccia orbito-frontale associa lo stimolo alla mappa somato-sensoriale e tale associazione crea quello che Damasio chiama «marcatore somatico».
Al presentarsi di un stimolo simile la corteccia orbito-frontale – con la collaborazione dell’amigdala – richiama le mappe somato-sensoriali legate a quello stimolo provato la prima volta.
Tale riattivazione lascia emergere una sensazione fisica che può essere piacevole o spiacevole e che può indicarci che qualcosa che ci orienta verso una strada piuttosto che un’altra, può orientarci nelle nostre decisioni. Il marcatore somatico è un tentativo di riprodurre la configurazione sensoriale vissuta in un certo momento in cui si è provato un certo stimolo.
I processi attraverso i quali vengono registrati, immagazzinati e recuperati i ricordi con valore emotivo si differenziano da quelli attraverso i quali sono elaborati i ricordi cognitivi, inoltre i meccanismi alla base delle valutazioni emotive sono direttamente connessi con quelli coinvolti nel controllo delle emozioni.
Dopo una valutazione emotiva le reazioni sono automatiche. Se i processi cognitivi ci offrono la possibilità di scegliere tra diverse possibili reazioni, l’attivazione dei meccanismi di valutazione emotiva delimita il ventaglio delle risposte disponibili. Le nostre scelte, le nostre valutazioni sono quasi sempre accompagnate da sensazioni fisiche che sono parte integrante dell’esperienza emozionale cosciente.
Le strutture emozionali, i sistemi fisiologici alla base delle emozioni degli esseri umani sono uguali a quelli dei molti animali. Tutti gli animali devono sfuggire al pericolo per poter sopravvivere, e quando ci si trova davanti ad una minaccia improvvisa (es. un leone feroce in procinto di aggredire) le capacità di ragionamento, di scrivere poesie o dimostrare il teorema di Pitagora sono ininfluenti per la nostra salvezza. Ciò che risulta fondamentale è la capacità di percepire il pericolo e reagire prontamente ed in modo appropriato.
Per LeDoux è plausibile che ci siano diversi microsistemi di reazioni emozionale correlati a funzioni diverse, finalizzate a risolvere problemi diversi e dunque per i quali abbiamo specifici sistemi cerebrali. In questo senso, ogni emozione, circoscritta, che si differenzia da un’altra, ha funzioni sue proprie. Il suo modello neurale prevede che ogni unità emotiva discreta preveda un dato insieme di segnali in ingresso, un dato meccanismo di valutazione ed un dato sistema di segnali in uscita. Egli parla di meccanismi di valutazione inscritti nel reale del nostro corpo dall’evoluzione, meccanismi programmati per captare determinati segnali o stimoli, dei veri e propri “inneschi neurali”. Una specie-preda è in grado di riconoscere un possibile predatore la prima volta che lo incontra. Seguendo questa tesi, l’evoluzione avrebbe programmato il cervello affinché certe caratteristiche (certi suoni, certe forme, certi odori…) possano essere valutate automaticamente, come segnali di pericolo. Tali meccanismi avrebbero anche la capacità di apprendere nuovi segnali che vengono spontaneamente associati agli inneschi neurali: sono gli “inneschi appresi”, per esempio il luogo dove il predatore era stato visto l’ultima volta, il rumore che faceva, il suo odore.
Quindi quando si percepiscono segnali d’innesco (naturali o appresi) si attivano certi modelli di risposta che secondo LeDoux, in un passato ancestrale, hanno in continuazione attivato il meccanismo di valutazione, e tali reti neurali sono rimaste perché collegano gli stimoli d’innesco con quelle reazioni in grado di consentire la sopravvivenza. Per finire, accenniamo a Damasio che rilegge la teoria di James come superamento del cosiddetto “errore di Cartesio”, ovvero del dualismo radicale fra mente e corpo. Damasio suggerisce una visione unitaria dell’organismo: “mentalizzazione del corpo” e “somatizzazione della mente”. Le emozioni sarebbero il risultato di una convergenza sinergica tra mente e corpo: i processi mentali sono processi valutativi della situazione ma implicano sempre il funzionamento del corpo, e delle modificazioni somatiche connesse al sistema nervoso periferico. Inoltre, Damasio sottolinea la distinzione tra emozioni primarie, cioè quelle risposte spontanee, innate e precodificate dell’organismo a determinate condizioni ambientali, riconducibili a cinque famiglie: gioia, tristezza, collera, paura e disgusto, e emozioni secondarie, connesse con l’apprendimento e con l’esperienza personale (colpa, vergogna, orgoglio e così via).