Solchi, passaggi, sentieri (14/15)

Freud concepisce la memoria come la «facoltà di subire una alterazione permanente in seguito ad un evento»[i]. I neuroni trattengono una traccia delle energie che li hanno attraversati ma allo stesso tempo qualcosa non cambia, cioè quella capacità originaria di ricevere, e ricevere ancora altre tracce.

Per giustificare questa duplice capacità dei neuroni (di trattenere e allo stesso tempo di ricevere ancora nuovi ricordi) ipotizza l’esistenza di due tipologie di classi di neuroni, i neuroni ϕ, permeabili che corrispondono alla funzione della percezione, perché non sono modificati in modo permanente dal passaggio dell’eccitazione, non offrono resistenza e non trattengono nulla, e i neuroni ψ impermeabili, perché restano modificati in modo permanente dopo il passaggio del loro eccitamento, costruendo attraverso le loro barriere di contatto le facilitazioni di legami e connessioni con altri neuroni: questi neuroni fanno funzione di memoria.

Quella di Freud è una concezione idrodinamica, dove l’energia nervosa come un fluido incide un solco, un sentiero, un sentiero che offre una certa resistenza e, in un secondo momento, quel “fluido nervoso” tendenzialmente sceglierà di percorrere quel sentiero già solcato, quella traiettoria già tracciata.

Quindi alcuni neuroni si trasformano permanentemente con il fluire di questa energia nervosa. «La memoria è rappresentata dalle differenze delle facilitazioni esistenti tra i neuroni ψ»[ii], è un reticolato di differenze tra facilitazioni che caratterizzano i vari neuroni, essa è un sistema costituito dalla selezione (di solchi, passaggi, sentieri) e dalla distinzione (di un solco, passaggio, sentiero) da un altro. Una via di conduzione si differenzia da un’altra, un neurone si differenzia da un altro per il suo differente livello di permeabilità. Quindi, il fiume, attraverso il proprio corso d’acqua, scava la terra e rende il suo letto sempre più profondo: scava e poi scava ancora, e il letto si consolida sempre di più, tutte le volte che l’evento si ripete. La memoria dipende dunque dall’“entità dell’impressione”, e dalla frequenza con cui questa si ripete. In tal senso Freud parla di «patrimonio mnestico» di percezioni precedenti, che circoscrivono il nostro mondo interiore rendendolo tuttavia infinito ed ineffabile.

I ricordi di copertura sono il frutto della rimozione di alcuni eventi, oppure lo spostamento su altri fatti confinanti, attigui. I ricordi di copertura sono dei camuffamenti che la memoria fa per sostenere la rimozione e la sostituzione di qualcosa di perturbante, come accade per i sogni dove i contenuti manifesti ne nascondono altri latenti, inaccettabili.

In Ricordi di copertura Freud scrive: «Forse, va perfino messo in dubbio se abbiamo ricordi coscienti provenienti dall’infanzia o non piuttosto ricordi costruiti sull’infanzia»[iii]. In Ricordare, ripetere, rielaborare Freud scrive: «Per una specie particolare di situazioni assai importanti che si verificano in un’epoca assai remota dell’infanzia […] non è in genere possibile suscitare il ricordo. Si arriva a prenderne coscienza attraverso i sogni»[iv].

Per Freud ciò che è stato vissuto, oggetto di esperienza, non ci lascerà mai perché non può essere cancellato. La psicoanalisi punta proprio a quei vissuti che sopravvivono dentro di noi e che possono rientrare in gioco nella relazione transferale paziente-terapeuta. Il passato può sopravvivere nel presente, non solo come ricordo conscio ma anche e soprattutto come non-ricordo. Non a caso Freud usa la metafora dell’archeologo per indicare il lavoro dell’analista, cioè di colui che riporta alla superficie ciò che è nascosto, ma può farlo solo in modo approssimativo, con dei frammenti.

L’analista recupera documenti segretati dal tempo e dalle vicissitudini ma non potrà basare il suo recupero soltanto sulla narrazione dell’analizzante, no, dovrà seguire il tono della voce, la cadenza di quello che dice e i suoi tempi. Secondo questa lettura, l’inconscio può essere rappresentato come il luogo di un miscuglio dove elementi rappresentazionali si intrecciano indissolubilmente con una matrice affettivo-corporea che assurge alla funzione di segnaletica stradale della psiche. Una sorta di linguaggio preverbale fatto di indici, di indicatori che orientano, come un vettore, verso una direzione piuttosto che un’altra seppure essendo fuori dal tempo e dallo spazio. È il quasisilenzio del corpo, la bocca dello stomaco che dice cosa fare, le viscere significanti, una segnaletica corporea che orienta.

L’ipotesi di una memoria implicita e di una esplicita è stata messa in dialettica da alcuni autori con la questione dell’inconscio freudiano con la differenziazione tra inconscio rimosso e inconscio non-rimosso.

Le emozioni, le difese, le fantasie, i vissuti, le esperienze iscritte nel corpo strutturano l’organizzazione psichica di ciascuno di noi e trovano, secondo alcuni, una collocazione in alcune aree cerebrali.[v] [vi] [vii]

Ovviamente il sogno, che può essere concepito come l’espressione migliore del vivente intrecciato con il linguaggio, diventa il palcoscenico privilegiato sul quale poter cogliere gli affetti, le emozioni, le fantasie collegate ai vissuti presimbolici e preverbali.

Il sogno recupera esperienze infantili (secondo le neuroscienze, depositate nella memoria esplicita) attraverso l’attivazione della traccia mnestica e attraverso la rievocazione del vissuto traumatico inscritto però nella memoria implicita, e quindi non ricordabile. Il sogno, pertanto, assurge alla funzione propria di ricostruire, comporre, dare un posto all’inaccessibile del non-rimosso, dell’impossibile, attraverso un processo (parziale, ma utile per il soggetto) di storicizzazione dell’inconscio.

È possibile mettere in parola i frammenti depositati nella memoria implicita e legati ai vissuti precoci dell’infanzia? Parliamo di esperienze arcaiche, intense dal punto di vista affettivo proprio perché ripresentano relazioni primarie e che si mostrano nella prosodia, nel tono della voce nell’espressione del viso, nella tensione o agitazione, indipendentemente dal racconto autobiografico e dalle verbalizzazioni in genere.

Forse la psicoanalisi è in grado di rendere pensabili, in qualche modo concettualizzabili o raffigurabile l’irrafigurabile per eccellenza (il non rappresentabile dell’inconscio non rimosso).

L’esperienza onirica, per esempio, è intrisa di affettività connessa ai vissuti infantili precoci e per questo essa consente una sorta di rivisitazione mnestica di quelle esperienze lontane. Questo processo di riacquisizione di esperienze affettive passate è chiamato da Freud Nachtra glichkeit.

Il concetto di Nachtra glichkeit indica uno degli aspetti centrali per Freud circa il lavoro onirico. Il sogno ha la funzione di ritrascrivere un evento passato che ha avuto degli aspetti traumatici. È un tentativo di ritrascrivere eventi traumatici infantili. Il sogno si sforza di ritrascrive l’indicibile dell’evento traumatico in una autobiografia il più armoniosa possibile con la propria storia attuale.

In Ricordi di copertura Freud tuttavia mette in discussione l’ipotesi che possano esistere dei ricordi precisi rispetto ai nostri vissuti infantili. Avanza l’ipotesi che in realtà questi ricordi siano frutto della nostra ricostruzione. Il passato che lascia le tracce sopravvie nel presente ed il lavoro analitico si configura proprio come un processo di costruzione di quel passato a partire da quei frammenti rimasti. C’è un certo processo dinamico che coinvolge gli oggetti interni, ovvero quelle rappresentazioni affettive che si coaugulano nell’inconscio a partire dalle primissime esperienze infantile che ritornano attraverso i processi primari teorizzati da Klein: scissione, identificazione proiettiva e introiettiva. Il sogno diventa un giornale redatto durante un regime dittatoriale che può essere pubblicato solo in segreto e facendo emergere la verità solo tra le righe, senza dirla direttamente: le relazioni che ovviamente coinvolgono l’infante con la madre e l’ambiente circostante, fino ai ritmi materni, l’intonazione della sua voce, la cadenza del respiro ed il battito cardiaco. Tutto questo insieme di vissuti preverbali e presimbolici, le fantasie, gli affetti si depositano secondo alcuni autori nella memoria implicita che costituisce una sorta di nucleo primordiale precocissimo e non rimosso. Non rimosso perché le strutture neurali adibite alla rimozione, le strutture della memoria implicita, in quegli anni di vita non sono pronte, o non sono mature. Quindi, non avremo mai ricordi di quelle esperienze, pur tuttavia quelle esperienze non sono rimosse e come se non bastasse esse condizioneranno la nostra vita affettiva, emozionale e cognitiva per tutta la nostra vita. Il sogno in questo senso può dare voce a tali esperienze primordiali, tentando di iscriverle in un funzionamento simbolico rendendole in qualche modo verbalizzabili, pensabili. Il sogno in qualche modo ne crea una raffigurazione psichica che risponde a questo vuoto rappresentazionale proprio dell’inconscio non rimosso. Il sogno consente una ricostruzione della propria storia includendo anche quelle parti preverbali. Questa ipotesi implica un allargamento del concetto di Nachtaglichkeit che per Freud comportava la ritrascrizione della memoria di eventi rimossi ma collegati in qualche modo alla autobiografia, ovvero alla memoria esplicita. Quindi in tal senso Freud concepisce la ricostruzione in quanto ricostruzione di un’esperienza realmente vissuta, che viene riportata a galla grazie al ricordo, attraverso un’azione che possiamo definire di “derimozione” che il sogno riesce a smuovere e riportare alla luce. Cosi si allarga il concetto di Nachtraglichkeit anche alla memoria implicita e dunque la ritrascrizione coinvolge anche le esperienze emozionali non soggette a rimozione (non ricordabili). La ritrascrizione quindi coinvolge anche quelle esperienze che, secondo Freud, sarebbero oggetto di rimozione originaria e che invece, secondo queste ipotesi, sono fantasie e difese che si raccolgono in un inconscio non rimosso fondamentale per tutta l’attività psichica. Il sogno può contribuire alla trasformazione simbolica di tutti quelle esperienze prelinguistice e precoci che possiamo vivere solo a livello emozionale, a livello di stato somatico, senza il ricordo.


[i] Freud S., Progetto di una psicologia, OSF, vol. 2, p. 204.

[ii] Freud S., op. cit., p. 206.

[iii] Freud S., Ricordi di copertura, OSF, vol. 2, p. 452.

[iv] Freud S., Ricordare, ripetere, rielaborare, op. cit., p.355.

[v] L’inconscio rimosso sarebbe riconducibile alla memoria esplicita, cioè quella autobiografica. A supporto di questa ipotesi Anderson e Coll. sostengono che l’oblio di fenomeni mentali può essere messa a confronto con il concetto freudiano di rimozione, che implicherebbe un coinvolgimento delle aree prefrontali dorsolaterali associate ad una diminuzione del coinvolgimento delle aree ippocampali. Anderson M.C., Ochsner K.N., K.N., Kuhl B. et al (2004) Neural systems underlying the suppression of unwanted memories. Scienze 303:232-237.

[vi] Al contrario, durante il sonno REM, abbiamo una maggiore attivazione dell’ippocampo ed una minore attivazione dell’area prefrontale dorsolaterale. Braun A.R., Balkin T.J., Wesensten N.J. et al (1998) Dissociated pattern of activity in visual cortices and their projections during human rapid ey movement sleep. Science 279:91-95.

[vii] L’inconscio non rimosso convoglierebbe invece nella memoria implicita d’intesa, per così dire, con i processi emozionali modulati dall’amigdala e con le regioni cerebrali posteriori dell’emisfero destro, il cervelletto e i gangli della base. Le aree affettive del dolore, ovvero la parte anteriore del cingolo e dell’insula si attivano quando una condizione di sofferenza viene espressa, sia in modo verbale che no. Singer T., Seymour B., O’Doherty J. et al (2004) Empathy for pain involves the affective but not sensory components of pain. Science 303:1157-1164. Osaka N, Osaka M, Morishita ; et al (2004) A word expressing affective pain activates the anterior cingulate cortex in the human brain: an fMRI studi.