È un articolo in cui Melanie Klein elabora alcuni elementi della sua teoria a partire da due racconti tratti dalla letteratura: la prima è una composizione di Ravel che reinterpreta in musica un libretto di Colette. È la storia di un bambino che si trova nella situazione di dover fare i compiti per la scuola ma non ha voglia di farli. Vorrebbe fare altro. Klein parla di manifestazioni aggressive, sadiche, che passano a partire da un desiderio sadico nei confronti degli animali, dopo che, ad un certo punto, compare, nel suo discorso, la figura della madre. A questo punto si concretizza la madre vera e proprio. Compare sulla scena la madre. Qualcosa dell’rodine simbolico che chiede “hai fatto i compiti?” e, dato che non li ha fatti, viene punito. La madre era già emersa prima sottoforma di oggetto fantastico verso il quale essere aggressivi. A fronte della punizione, il bambino si scatena: distrugge tutto quello che sta intorno a lui, se la prende con degli animaletti. Di fronte a questo scatenamento aggressivo, questi oggetti diventano aggressivi contro di lui. Questa aggressività li si ritorce contro. C’è una sorta di battaglia. La guerra si conclude. Accade che uno di questi piccoli animali si ferisce. Il bambino si mette a curare questo animale ferito sussurrando la parola “mamma”. Al ché, alla parola “mamma”, tutta questa guerra immaginaria si placa e si ristabilisce una sorta di ordine segnato da una sorta di posizione altruista del bambino nei confronti dell’animaletto che si era ferito. La parola “mamma”, che prima era la parola che puniva, adesso sembra diventare una specie di parola che regolamenta, accoglie, da’ una forma a quel godimento mortifero. Abbiamo due versioni della parola mamma: una distruttiva-punitiva e l’altra curativa-riparativa. È una scena che si conclude in una spinta altruistica.
Il secondo è una storia di una amica pittrice, Ruth Kjär, ripresa da un racconto di Karin Michaelis intitolato Lo spazio vuoto. È la storia di una donna che lamenta qualcosa, un sintomo depressivo. Vissuti di depressione profonda. Una melanconia. Un malessere che prende il versante depressivo. La protagonista di questo racconto è vittima di uno spazio vuoto che non potrà mai riempire. Questa donna ad un certo punto riesce a circoscrivere questo sintomo collocandolo in un vuoto sulla parete. C’è un passaggio: questo vuoto si localizza all’esterno di lei. C’è un buco che non è ricoperto da niente, che attira l’attenzione di questa donna. Quasi come se questo spazio all’esterno rappresentasse qualcosa del suo sintomo depressivo. Prova a dipingere un quadro per tappare questo buco sulla parete. Dipinge un quadro che rappresenta una donna anziana. L’autrice del quadro diventerà una pittrice.