La clinica infantile ha una connotazione molto radicata nella psicoanalisi. Freud apre alla possibilità di una clinica infantile quando introduce nella sua teorizzazione dello sviluppo la psicopatologia, la questione della sessualità. Freud non è tanto interessato alla clinica dei bambini. Non si occupa direttamente dei bambini. L’unico caso che abbiamo è il caso del piccolo Hans, dove l’analista è il padre di Hans. Questo caso gli interessa particolarmente perché mostra la pertinenza di quello che ha scoperto.
Il termine autismo, è mutuato dal concetto freudiano di autoerotismo, senza la componente “eros”. Freud quando parla di chiusura su se stesso dello schizofrenico, si riferisce alla pulsione investita non sull’oggetto ma sul soggetto stesso. Bleuler toglie il termine eros dalla parola “autoerotismo” e conia il termine autismo. Resta un termine descrittivo che si sgancia da una questione di causalità (Freud). Il termine nasce nell’alveo psicoanalista ma poi si stacca. Kanner lo riprende e ne fa un’entità diversa, come definizione di una nuova entità nosologica a sé stante.
Kanner si riferisce all’autismo come disturbo innato in quanto si presenta fin dalla nascita, caratterizzato da ritiro dal mondo esterno, mutismo con linguaggio non comunicativo. I bambini autistici non consentano all’altro di intervenire. Non permettono l’intervento dell’altro. C’è un rifiuto attivo dell’altro che si manifesta fin da subito. È un’offerta che diventa un intrusione. Ma spesso è anche l’altro che agisce intrusivamente nei confronti del bambino. Se manca il consenso, l’intervento dell’altro, ogni intervento, diventa un intrusione. È fondamentale che il bambino acconsenta affinché ci sia una possibilità di trattamento. Altrimenti ogni intervento diventa una violenza.