Scritti freudiani 1930-1931

Premio Goethe 1930

7-12
Dietro segnalazione di Alfons Paquet, noto letterato, era stato assegnato a Freud per l’anno 1930 il Premio Goethe da parte della città di Francoforte e tale conferimento lo aveva rallegrato molto, come egli stesso ebbe a esprimersi in una lettera di ringraziamento a Paquet. Nel discorso letto in tale occasione dalla figlia Anna nella casa di Goethe, Freud dichiarava che il lavoro della sua vita aveva avuto un unico scopo. Aveva osservato i disturbi meno percettibili della funzione psichica di uomini sani e malati e, muovendo da tali indizi, aveva inteso chiarire come fosse costruito l’apparato che serve a queste funzioni e quali forze agissero in esso concordemente e antiteticamente. Quanto a poliedricità, Goethe poteva essere accostato a Leonardo da Vinci che, al pari di lui, fu artista e ricercatore. Goethe si era avvicinato alla psicoanalisi in più di un luogo, aveva riconosciuto per intuizione diretta molte cose che in seguito erano state confermate dalla psicoanalisi stessa, e parecchie concezioni che avevano attirato su di essa critiche e dileggi, erano state da lui accettate come cosa ovvia. Per esempio, gli era familiare la forza incomparabile dei primi legami affettivi dell’uomo. L’Eros era stato sempre tenuto in alta considerazione da Goethe, che non aveva mai tentato di sminuirne la forza, ne aveva anzi seguito le espressioni primitive e perfino petulanti con rispetto non minore di quello riservato alle sue espressioni altamente sublimate, e si era fatto sostenitore dell’unità della sua essenza, pur nelle svariatissime forme e manifestazioni assunte di volta in volta con decisione non minore di quanto aveva fatto Platone nei tempi antichi.

Prefazione a un numero speciale di “The Medical Review of Reviews” (1930)
17-18
La popolarità del nome della psicoanalisi non significa né un atteggiamento amichevole per essa, né diffusione o approfondimento particolare delle conoscenze psicoanalitiche. Benché l’America possieda parecchi valenti analisti, i contributi scientifici alla psicoanalisi provenienti da quel Paese sono tutto sommato scarsi e raramente contengono cose nuove. Psichiatri e neurologi si servono sovente della psicoanalisi come di un metodo terapeutico, ma di norma dimostrano scarso interesse per i suoi problemi scientifici e il suo significato culturale. In America esiste la tendenza generale ad abbreviare lo studio e la preparazione per giungere il più rapidamente possibile alle applicazioni pratiche. Si preferisce studiare un oggetto come la psicoanalisi basandosi su esposizioni di seconda mano e spesso di scarso valore, anziché rifarsi alle fonti originali.

Prefazione a “Elementi di psicoanalisi” di E. Weiss (1930)
23
Chi sa valutare la serietà di un lavoro scientifico; chi apprezza l’onestà dello studioso che non vuol diminuire o negare le difficoltà; chi gode dell’abilità del maestro che con la sua esposizione getta luce nel buio e mette ordine nel caos, costui deve riconoscere il grande merito del libro di Weiss e condividere la speranza ch’esso abbia a suscitare tra le persone colte e gli scienziati d’Italia un non passeggero interesse per la giovane scienza della psicoanalisi.

Prefazione a “Dieci anni dell’Istituto psicoanalitico di Berlino” (1930)
29
All’Istituto psicoanalitico di Berlino, all’interno del movimento psicoanalitico, erano assegnate tre funzioni: innanzitutto rendere accessibile la terapia psicoanalitica a quelle grandi masse di uomini e donne che, sebbene non soffrano meno a causa delle loro nevrosi di quanto soffrano i ricchi, non hanno tuttavia la possibilità di affrontare la spesa di un trattamento; in secondo luogo offrire una sede in cui possa essere impartito l’insegnamento teorico della psicoanalisi e le esperienze degli analisti più anziani si trasmettano agli allievi ansiosi di imparare; infine perfezionare le conoscenze psico-analitiche delle malattie nevrotiche e la tecnica terapeutica, applicandole e verificandole in condizioni nuove. Il dottor Max Eitingon aveva fondato dieci anni prima l’Istituto con i suoi mezzi, e da allora lo aveva sostenuto e guidato basandosi sulle proprie forze.

Introduzione allo studio psicologico su T. W. Wilson (1930)
35-41
Wilson ha dichiarato ripetutamente che per lui i fatti in quanto tali non hanno significato, che egli attribuisce valore soltanto agli intendimenti e ai propositi degli uomini. Come risultato di questo atteggiamento, gli riusciva naturale scacciare dalla mente gli eventi reali del mondo esterno, o rinnegarli addirittura quando contraddicevano le sue aspettative e i suoi desideri. Dobbiamo comunque contestare l’opinione secondo cui il segreto proposito di questo libro sarebbe di dimostrare che Wilson era una personalità patologica, un malato, e di scalzare indirettamente per questa via le posizioni di chi ne apprezza il retaggio. La nostra scienza ha da tempo abbandonato l’idea che esista un ambito rigorosamente definibile della normalità, e una netta linea di demarcazione fra ciò che è normale e ciò che è morboso nella vita psichica. Un’indagine diagnostica più minuziosa ci ha consentito di rintracciare la nevrosi dovunque, anche là dove meno ci saremmo aspettati di trovarla; siamo pertanto quasi autorizzati a dichiarare che sintomi nevrotici e limitazioni del carattere sono diventati in certa misura patrimonio comune di tutti i membri delle comunità civili. Il rafforzamento relativo di un moto pulsionale singolo fra i molti che dispensano energia alla vita psichica, il particolare approfondirsi di una delle identificazioni che immancabilmente stanno alla base della struttura del carattere, una formazione reattiva eccezionalmente forte contro un impulso che dev’essere tenuto a bada: tali rapporti quantitativi sono decisivi per la configurazione della personalità, le conferiscono un’impronta peculiare e orientano in una determinata direzione gli atti dell’individuo. Accade talmente spesso che un’opera grande corrisponda a una personalità psichicamente anomala, che si è tentati di credere che la prima sia inseparabile dalla seconda; contro tale ipotesi sta l’eloquenza del fatto che in ogni campo dell’attività umana esistono grandi uomini che rispondono perfettamente ai requisiti della normalità. Non si può tuttavia contestare che in generale, e dunque anche in questo caso, una conoscenza più intima dell’uomo potrebbe portare a una valutazione migliore di ciò che egli ha fatto.

La perizia della Facoltà medica nel processo Halsmann (1930)
47-49
Se fosse stato dimostrato obiettivamente che Philipp Halsmann ha assassinato suo padre, si avrebbe in effetti il diritto di addurre il complesso edipico come motivazione di un atto altrimenti incomprensibile. Ma poiché questa certezza non esiste, menzionare il complesso edipico ha un effetto fuorviante. La perizia della Facoltà di medicina di Innsbruck sembra incline ad attribuire a Philipp Halsmann un complesso edipico “efficace”, rinunciando però a stabilire il grado di questa efficacia, giacché, per le pressioni dell’accusa, non vengono fornite indicazioni sui presupposti che fanno sì che in Philipp Halsmann tale complesso “si dispieghi senza ritegno”. Il possibile influsso di uno sconvolgimento emotivo su disturbi della memoria riguardanti impressioni occorse prima e durante il periodo critico è in questa perizia ingiustificatamente minimizzato; le ipotesi di uno stato mentale eccezionale o di una malattia psichica vengono decisamente rifiutate, mentre invece è accolta di buon grado la spiegazione di una “rimozione” che sarebbe intervenuta in Halsmann dopo il fatto. Una simile rimozione piombata dal cielo su una persona adulta che non presenta alcun segno di grave nevrosi, la rimozione di un atto che sarebbe più importante di qualsiasi incerto particolare sulla distanza e sul decorso del tempo, e che si sarebbe effettuata in uno stato normale o appena alterato dall’affaticamento fisico, sarebbe davvero una rarità di prim’ordine.

Tipi libidici (1931)
55-58

È possibile suddividere, secondo la collocazione prevalente della libido nelle province dell’apparato psichico, tre tipi libidici principali: erotico, narcisistico, ossessivo. Gli erotici sono persone il cui ruolo principale è volto alla vita amorosa. Il tipo ossessivo si distingue per la predominanza del Super-io. Il tipo narcisistico è caratterizzato essenzialmente in modo negativo: nessuna tensione tra Io e Super-io, nessun predominio dei bisogni erotici, l’interesse principale indirizzato alla conservazione di sé stesso; indipendente, non si lascia intimorire. Esistono anche tipi misti: l’erotico-ossessivo, l’erotico-narcisistico e il narcisistico-ossessivo. Essi paiono di fatto consentire una classificazione adeguata delle strutture psichiche individuali. Nel tipo erotico-ossessivo il predominio della vita pulsionale appare limitato dall’influsso del Super-io. Il tipo erotico-narcisistico è forse il più frequente di tutti. In esso si compongono elementi contrastanti che possono moderarsi a vicenda. Il tipo narcisistico-ossessivo costituisce la variante di maggior valore dal punto di vista della civiltà, in quanto l’indipendenza esterna e l’attenzione alle esigenze morali si sommano qui a una vigorosa capacità d’azione, mentre l’Io si rafforza nei confronti del Super-io. I tipi erotici in caso di malattia dovrebbero propendere per l’isteria, i tipi ossessivi per la nevrosi ossessiva. I tipi narcisistici hanno una particolare disposizione alla psicosi.

Sessualità femminile (1931)
1
63-65
Nella fase del normale conflitto edipico, il bambino o la bambina sono legati teneramente al genitore del sesso opposto, mentre il rapporto con il genitore dello stesso sesso è dominato dall’ostilità. Lo sviluppo della sessualità femminile è reso più complicato dalla necessità di rinunciare alla zona genitale originariamente direttiva, la clitoride, per una nuova zona, la vagina. Donne con un forte attaccamento al padre sono molto frequenti. Freud riferisce le osservazioni compiute, e soprattutto due fatti: 1) dove esisteva un attaccamento al padre particolarmente intenso, là vi era stata, in base ai risultati dell’analisi, una fase precedente di esclusivo attaccamento alla madre, della stessa intensità e passionalità; la seconda fase, se si esclude il mutamento di oggetto, non aveva aggiunto quasi nulla alla vita amorosa; 2) si era molto sottovalutata la durata nel tempo di questo attaccamento alla madre, il quale si prolungava in parecchi casi fino al quarto anno di età, in un caso fino al quinto, comprendendo dunque la parte di gran lunga più estesa della fioritura della vita sessuale nella prima infanzia.

2
65-73
La forte dipendenza della bambina dal padre è soltanto il retaggio di un attaccamento altrettanto forte alla madre. Anche per la bambina, la madre dev’essere il primo oggetto d’amore. Ma alla fine dello sviluppo l’uomo-padre deve essere divenuto per lei il nuovo oggetto d’amore. Nell’uomo l’influsso del complesso di evirazione lascia anche un certo residuo di disprezzo per la donna, quest’essere evirato. La bambina riconosce come un fatto la propria evirazione e con ciò la superiorità del maschio e la propria inferiorità, ma oppone resistenza a questa realtà assai sgradita. Da questo atteggiamento contraddittorio derivano tre direzioni di sviluppo. La prima conduce all’abbandono totale della sessualità. La seconda si attiene fermamente, lungo una linea di caparbia autoaffermazione, alla mascolinità minacciata. Solo un terzo sviluppo, invero assai tortuoso, sbocca nella normale strutturazione finale della femminilità, ove il padre è assunto come oggetto ed è pertanto trovata la forma femminile del complesso edipico. Freud percorre la serie delle motivazioni per il distacco dalla madre: la madre ha trascurato di fornire la figlia dell’unico vero genitale, non l’ha allattata abbastanza, l’ha costretta a dividere l’amore materno con altri, non ha mai realizzato tutte le aspettative amorose della figlia, e infine, dapprima ha eccitato la sua attività sessuale e poi l’ha vietata.

3
73-77
Le mete sessuali verso la madre sono di natura sia attiva che passiva, e vengono determinate dalle fasi libidiche che la bambina attraversa. Le prime esperienze sessuali e le prime vicende a coloritura sessuale che i bambini, maschi e femmine, vivono con la madre sono naturalmente di natura passiva. Vengono da lei allattati, imboccati, puliti, vestiti e istruiti in ogni cosa. Una parte della loro libido rimane legata a questa esperienza e gode dei soddisfacimenti che a essa sono connessi, un’altra parte tenta di convertirsi in qualcosa di attivo. L’attività sessuale delle femmine verso la madre si esprime, in ordine di tempo, in tendenze orali, in tendenze sadiche e infine persino in tendenze falliche dirette alla madre. Le bambine accusano regolarmente la madre di sedurle. Il distacco dalla madre è un passo importantissimo nello sviluppo della bambina.

4
77-80
Nella magistrale descrizione, ancora insuperata, fatta da Abraham delle forme in cui si manifesta il complesso femminile di evirazione, Freud vorrebbe vedere inserito il fattore dell’originario ed esclusivo attaccamento alla madre, e si dichiara d’accordo con i punti essenziali dell’importante lavoro della Lampl-de Groot. In esso vi è il riconoscimento della piena identità della fase preedipica nei maschi e nelle femmine, e l’affermazione, confortata da numerose osservazioni, dell’attività sessuale (fallica) della bambina rivolta alla madre. Nel lavoro di Helene Deutsch sul masochismo femminile e la sua relazione con la frigidità vengono riconosciute l’attività fallica della bambina e l’intensità del suo attaccamento alla madre. La Deutsch dichiara anche che la svolta verso il padre avviene sul terreno delle tendenze passive. Fenichel pone giustamente l’accento sulla difficoltà di distinguere, nel materiale portato alla superficie mediante l’analisi, che cosa costituisca un contenuto immutato della fase preedipica e che cosa sia deformato per regressione (o in altra maniera). In alcuni autori trapela infine l’inclinazione a diminuire l’importanza dei primi, originari moti libidici infantili, a favore dei processi evolutivi posteriori, cosicché a quelli rimarrebbe, al limite, il compito di fornire solo certe direttrici, mentre le intensità psichiche che s’incanalano lungo queste vie sarebbero fornite da successive regressioni e formazioni reattive.

Prefazione a “Teoria generale delle nevrosi secondo i principi psicoanalitici” di H. Nunberg (1931)
85
Il libro contiene la più completa e scrupolosa esposizione di una teoria psicoanalitica dei processi nevrotici. Essa non potrà certo soddisfare chi aspiri a semplificare e liquidare in fretta i problemi di questo tipo. Chi invece preferisce il pensiero scientifico, chi sa trarre piacere dalla bella varietà dell’accadere psichico, costui apprezzerà l’opera di Nunberg e la studierà con passione.

Lettera a G. Fuchs (1931)
91-92
In risposta a una richiesta di Georg Fuchs che gli chiedeva di appoggiare la diffusione del suo libro Wir Zuchthäusler (Noi carcerati), Freud afferma di non poter sottoscrivere la tesi che il trattamento riservato ai carcerati rappresenti un’onta per la nostra civiltà. Proprio al contrario, tale trattamento sembrerebbe in perfetto accordo con la nostra civiltà, essendo la necessaria espressione della brutalità e dell’incomprensione da cui sono dominati gli uomini civilizzati.

Lettera al borgomastro di Pribor (1931)
97
Il 25 ottobre 1931 si svolse a P?ribor una cerimonia in onore di Freud (all’epoca della sua nascita la città si chiamava Freiberg). Impedito ad assistervi, Freud scrisse una lettera e inviò a rappresentarlo la figlia Anna. Nella lettera ringraziava il borgomastro, gli organizzatori della cerimonia e tutti i presenti per l’onore che gli avevano fatto adornando la sua casa natale di una lapide dovuta a mani d’artista. Egli aveva lasciato Freiberg all’età di tre anni, e l’aveva visitata di nuovo a sedici anni come liceale durante le vacanze e da allora non più. Non gli era facile, avendo ormai settantacinque anni, trasportarsi in quella prima età, ma di una cosa poteva essere certo: profondamente, dentro di lui, continuava pur sempre a vivere il felice bambino di Freiberg, il primogenito di una giovane madre, che da quell’aria, da quella terra, aveva ricevuto le prime indelebili impressioni.

L’acquisizione del fuoco (1931)
103-08
Il problema dei rapporti tra il fuoco e l’atto della minzione, che costituisce il tema centrale di questo saggio sul mito di Prometeo, è stato a lungo familiare a Freud. Il mito narra che Prometeo, eroe della civiltà ancora divino, in origine forse demiurgo e creatore di uomini, apporta agli uomini il fuoco sottratto agli dei occultandolo in un bastone cavo. Questo oggetto è un simbolo del pene. Per punizione, Prometeo è incatenato a una roccia, e quotidianamente un avvoltoio gli divora il fegato. Per gli antichi il fegato valeva come sede di ogni passione e di ogni appetito: una punizione come quella di Prometeo era dunque la giusta pena per un criminale istigato dalle passioni, che aveva commesso empietà sotto la spinta di voglie malvage. Il membro del maschio ha due funzioni, il cui accostamento è per taluno motivo di contrarietà. Quando il membro è eretto, orinare è impossibile; viceversa, quando il membro serve all’evacuazione dell’acqua corporea, tutti i suoi rapporti con la funzione genitale sembrano svaniti. L’antitesi tra le due funzioni potrebbe indurci ad affermare che l’uomo estingue il proprio fuoco con la propria acqua.

Prefazione al “Piccolo dizionario di psicoanalisi” di R. Sterba (1932)
113
Il dizionario di Sterba sembra un valido aiuto per i discenti e di per sé un ottimo lavoro. La precisione e la correttezza delle singole voci sono in effetti altamente encomiabili. Traduzioni in inglese e francese dei lemmi, pur non essendo indispensabili, servirebbero ad accrescere il valore dell’opera.

Estratti: Opere di Sigmund Freud (OSF) Vol 11: L’uomo Mosè e la religione monoteistica e altri scritti 1930-1938, Torino, Bollati Boringhieri, 2003.