Tratto da Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. II, pagg. 176- 177 – Ryle, The concept of mind, London, 1949; trad. it. Lo spirito come comportamento, a cura di F. Rossi-Landi, Einaudi, Torino, 1955.
Questa in breve la dottrina officiale, che con deliberata insolenza battezzerò “dogma dello Spettro nella Macchina”. Spero di provarne la totale insussistenza, che proviene non già dalla presenza di certi errori particolari, ma dal fatto che la dottrina tutta è un unico grande sbaglio di categoria, che chiameremo errore categoriale. Essa presenta i fatti della vita mentale come appartenenti a un tipo o categoria (o classe di tipi o categorie) logico (o semantico) diverso da quello cui essi invece appartengono. I1 dogma è dunque un mito filosofico. Nel tentativo di far saltare tale mito molti vorranno vedere la negazione di certe note caratteristiche della vita mentale; e la protesta che si tratta invece soltanto di rettificare la logica dei rispettivi concetti sarà presa per mero sotterfugio.
Mostriamo in una serie di esempi il significato dell’espressione “errore categoriale”.
Un forestiero visita per la prima volta una città universitaria. Gli vengono mostrati biblioteche, aule, musei, laboratori, uffici, alloggi. Allora egli protesta di aver viste, sí, tutte quelle cose, ma non ancora l’Università, il luogo ove lavorano i membri dell’Università. In un caso come questo, bisognerà spiegare che l’Università non è un qualche istituto aggiunto a quanto egli ha visto, ma il modo in cui quanto egli ha visto è organizzato: null’altro rimane da vedere e da capire. L’errore stava nell’ingenuo assunto che fosse corretto parlare di tutti quegli istituti e dell’Università, come se questa fosse un membro aggiuntivo nella classe di quelli. Egli metteva l’Università nella stessa categoria cui appartengono i suoi vari istituti. Qui una serie spaziale è vista come membro da aggiungersi ai membri della serie stessa.
È lo stesso errore che commetterebbe un bambino il quale, dopo aver assistito alla parata dei battaglioni, batterie, squadroni, ecc., di un reggimento, restasse in attesa di veder passare anche il reggimento: come se questo fosse un altro pezzo da aggiungersi a quelli già visti. Gli spiegheremmo l’errore col dire che il reggimento sfila proprio in quanto sfilano quei reparti che sono reparti di un reggimento. Non ci sono i reparti e il reggimento. Qui una serie temporale è vista come membro da aggiungersi ai membri della serie stessa […]
Gli errori categoriali illustrati ora hanno in comune la provenienza: si tratta in ogni caso di incapacità a usare certi concetti (Università, reggimento) e con ciò i termini linguistici rispettivi.
Gli errori categoriali d’importanza teorica sono quelli compiuti da persone perfettamente in grado di applicare concetti almeno a situazioni loro familiari e tuttavia pronte ad assegnarli a tipi logici cui non appartengono quando si mettono a pensare in astratto. Uno studente di scienze politiche può saper ben distinguere fra costituzioni britannica, francese e americana e conoscere a fondo i rapporti fra gabinetto, parlamento, ministeri, magistratura ecc. in ognuna di quelle; ma tuttavia mostrarsi imbarazzato quanto ai rapporti fra parlamento, magistratura e costituzione. Egli non si rende conto del fatto che una costituzione non è un istituto nel senso in cui lo sono la magistratura e il parlamento; la categoria logica è diversa, sicché i rapporti rintracciabili fra due istituti di una costituzione semplicemente non si danno fra questa e quelli. In modo non dissimile, Carlo può essere parente, amico, nemico o forestiero a Luigi; ma nessuno di questi rapporti sussiste fra lui e il contribuente medio, di cui Carlo può saper dire molte cose sensate anche se gli sarebbe difficile spiegarci perché non può incontrarlo per la strada come incontra Luigi.
Importa al nostro argomento che lo studente di politica, finché continua a pensare alla costituzione come a un istituto da aggiungersi agli altri tende a parlarne come di un istituto misteriosamente occulto; e che Carlo, finché considera il contribuente medio una specie di concittadino, tende a immaginarselo come creatura immateriale e sfuggente, quasi spettro che è ovunque e in nessun luogo.
Il mio compito critico è dimostrare che alla sorgente della teoria delle due vite c’è una famiglia di errori categoriali radicali. Anticipo qui l’argomento da cui deriva l’idea della persona umana come spettro ascoso in una macchina. In base al fatto che il pensare, il sentire e l’agire intenzionale non possono ovviamente venir ridotti al gergo della fisica, della chimica e della fisiologia, si pretende costruire per essi un duplicato di quel gergo. La complessa e unitaria organizzazione del corpo umano spinge a postularne per la mente una altrettale, anche se di diversa sostanza e struttura. Siccome poi il corpo, come ogni altro pezzo di materia è agitato da cause ed effetti, cosí deve esserlo la mente; anche se (grazie al cielo) non si tratta di cause ed effetti meccanici.