Noi esseri umani, dunque, ci facciamo immagini dei fatti.
L’immagine è un “modello della realtà” ma è essa stessa un “fatto”.
Essendo un fatto, l’immagine consta di una struttura, di una combinazione di elementi semplici elementi che sono in un determinata relazione l’uno con l’altro.
Tali elementi semplici raffigurano degli oggetti, ovvero gli elementi semplici del mondo.
Così come gli elementi semplici di un’immagine (fatto) sono in una determinata relazione l’uno all’altro mostra che le cose, gli oggetti del mondo (fatto), sono in questa relazione l’una all’altra. (Tractatus, 2.15)
Abbiamo dunque, due fatti, l’immagine e lo stato di cose raffigurato dall’immagine.
Questi fatti hanno in comune la struttura della relazione dei loro rispettivi elementi semplici, questa relazione è isomorfica, è una relazione che incarna la proiezione che dal fatto raffigurato “colpisce” l’immagine che funge da raffigurazione.
I due fatti sono due strutture complesse sovrapponibili, cioè è possibile far corrispondere l’una all’altra, facendo sì che ad una parte di una delle due strutture corrisponda nell’altra struttura un’altra parte.
Due parti che hanno lo stesso ruolo sono corrispondenti nelle rispettive strutture.
La relazione che quella parte ha in quella struttura con gli altri componenti è la stessa che la parte omologa ha nell’altra struttura con le sue componenti.
La “relazione di raffigurazione” “consta delle coordinazioni degli elementi dell’immagine e delle cose” (Tractatus, 2.1514).
È come se gli elementi dell’immagine avessero delle antenne che toccano gli elementi dello stato di cose, la realtà.
L’immagine, in quanto proiezione di una realtà, può essere più o meno corretta e questo dipende dalla configurazione che sussiste tra gli elementi dell’immagine e quella che c’è tra gli oggetti fuori dalla raffigurazione. C’è dunque un isomorfismo tra la struttura di relazione, tra gli elementi delle immagini e quella dello stato di cose.
La struttura della raffigurazione ha una sua logica perché mostra una certa configurazione coordinata degli oggetti che rappresenta. L’immagine in questo caso è immagine logica. (Tractatus, 2.181).
L’immagine logica ha qualcosa in comune con la realtà: la forma logica, ovvero “forma della realtà” (Tractatus, 2.18).
Una immagine raffigura il mondo e rappresenta la possibilità del sussistere e non sussistere di stati di cose.
Se l’immagine corrisponde alla configurazione presente nella realtà è corretta, vera, altrimenti è scorretta, cioè falsa.
Il corretto coordinamento tra gli elementi dell’immagine che raffigura e gli oggetti del fatto raffigurato indicano quando e se un immagine è vera o falsa. Possiamo sapere se un immagine è vera o falsa confrontandola con la realtà (Tractatus, 2.223). Il pensiero è l’immagine logica dei fatti, il pensiero si esprime sensibilmente (Tractatus, 3.1).
Quindi, il linguaggio raffigura il mondo. Le proposizioni, i fatti. Le proposizioni elementari, gli stati di cose. I nomi gli oggetti.[i]
Allo stesso modo in cui gli oggetti sussistono soltanto nelle relazioni reciproche (fatto), i simboli semplici hanno significato soltanto all’interno di una proposizione.
Le proposizioni, espresse foneticamente o attraverso la scrittura, sono fatti del mondo.
Fatti che rinviano ad altri fatti, esse hanno funzione rappresentativa.
La proposizione per avere significato deve rinviare a stati, possibili o reali, di cose. Quelle proposizione che descrivono cose esistenti sono vere.
«Un nome sta per una cosa, un altro per un’altra
cosa e sono connessi tra loro: così il tutto presenta – come un quadro plastico
– lo stato di cose» (Tractatus, 4.0311).
Un oggetto proiettivamente
può essere riprodotto tridimensionalmente in una prospettiva geometrica, oppure
bidimensionale. Indipendentemente dagli abbellimenti, le stilizzazioni, le
caricature oppure la grandezza, la proiezione in quanto tale, permette di riconoscere
il modello iniziale.
[i] «Nella proposizione il pensiero può essere espresso così che agli oggetti del pensiero corrispondano elementi del segno proposizionale». (Tractatus, 3.2). I segni semplici sono nomi e ad ognuno di essi corrisponde una cosa, che è il significato del segno. La configurazione dei segni semplici corrisponde alla configurazione degli oggetti in una situazione. (Tractatus, 3.21). «Il nome è rappresentante nella proposizione dell’oggetto» (3.22). Le situazioni sono descritte dal linguaggio, nei propri segni, esso ne mostra la forma e la struttura. Ai nomi corrispondono oggetti.