Sandler e Sandler[i] introducono il concetto di pattern o modelli dinamici delle prime esperienze infantili. La memoria archivia, categorizza ma ciò implica sempre un processo di incorporazione dinamica, ovvero esperienze sensoriali reali anche a livello organismico. Il processo di categorizzazione implica anche un processo di acquisizioni di porzioni dell’ambiente all’interno di mappe sensoriali, diverse mappe che poi comunicano tra loro. L’informazione viene dunque processata in multimodalità percettiva: l’aspetto sensomotorio e sensoriale si intrecciano.
C’è la concomitanza temporale dei segnali e delle mappature neurali collegate alla multimodalità sensoriale. In questa densità percettiva, secondo Edelman, esiste un sistema di valore che incide un taglio, un taglio che decide quali di queste configurazioni di correlazioni devono essere selezionate per la categorizzazione. Tale sistema di valore è orientato da determinati obiettivi comportamentali a loro volta orientati da esigenze organismiche e inquadrate in una logica che è quella propria dell’evoluzionismo.
L’organismo produce in autonomia categorie, schemi, mappature somatiche. Se io sono appena nato per poter iniziare a differenziare il mondo intorno a me, inizio a vedere, sentire, a sentirmi, toccare, assaggiare. Prendo una penna, poi un libro e poi un bicchiere li metto in bocca, uno alla volta, poi queste tre azioni sono associate attraverso un sistema di valori che consente di estrarre una sorta di salienza percettiva, uno schema, un valore, una differenza. Inizio a crearmi tre categorie percettive e dunque tre mappe neurali e così via.
Le mappe neurali sono associate tra di loro, si intrecciano creando una sorta di comportamento organismico, cioè, il mio modo di percepire il mondo cambia, mi comporto diversamente a partire dalla stratificazione delle diverse mappature e tutto ciò sempre attraverso un continuo coinvolgimento della dimensione sensomotoria. In questo senso Edelman parla di un continuo processo di ri-categorizzazione. «La memoria è l’accresciuta capacità di ricategorizzare o generalizzare in modo associativo, non l’archiviazione di una lista di caratteristiche o attributi degli oggetti»[ii].
Quindi la memoria implica una continua ri-categorizzazione a partire dal coordinamento sensomotorio. Edelman concepisce la memoria come un insieme di processi che coinvolgono la dimensione sensomotoria, la sensorialità e il movimento del corpo. La percezione non è più soltanto un processo che coinvolge il perceptum e percepiens, stimolo sensoriale e rappresentazione interna, ma in gioco c’è sempre la dimensione motoria: il movimento.
La memoria non è un magazzino di ricordi (consci o inconsci che siano) è una struttura biofisica inscritta nell’organismo pulsante che si forma nell’interazione che questo ha con l’ambiente circostante. La memoria affettiva, per esempio, implica inevitabilmente anche il reale delle interazioni sensomotorie (es. con la madre), la dinamica delle relazioni oggettuali che evocano, nel paziente, proprio le sue primissime esperienze infantili. In quelle primissime fasi si gioca la relazione reale, gli scambi, l’incontro con l’Altro, reale, che inscrive qualcosa di indelebile nel biologico del corpo umano. Ci troviamo in una dimensione preverbale ma non del tutto silente. È il “quasilenzio”. È la dimensione dello stato somatico, di una sensazione che dice qualcosa ma non dice niente. Come esprimere il pre-dire del pre-detto indicibile?
I cambi repentini di scena, rumori, sbalzi di temperatura, paura, impulsi aggressivi, movimento, spostamento, dolore, piacere. Possono in certe fasi trasformarsi in piccoli traumi precoci nella relazione che l’infante ha con l’oggetto primario.
Tutto ciò si può iscrivere nel corpo all’interno di una sorta di
linguaggio preverbale fatto di segnali spia, di segnalatori che riattivano
quelle determinate esperienze fisiche a livello somatico rievocandole. Questi
segnali spia si rubricano, costituiscono una sorta di indice delle sensazioni
corporee. I ricordi quindi hanno sempre una loro componente sensomotoria, cioè
essi riapparecchiano quella mappatura sensoriale e somatica in cui il ricordo
si è formato. I ricordi sono formati anche da configurazioni prodotte da una
certa stimolazione sensoriale.
[i] Sandler J, Sandler A.M. (1997) A psychoanalytic theory of repressiona and the unconscious. In Sandler J, Fonagy P (eds) Recovered memories of abuse, True or false? Karnac Books, London, pp. 173-181.
[ii] Mancia M. (a cura di), Psicoanalisi e neuroscienze, Springer, 2007, p. 88.