Innamoramento e ipnosi
L’innamoramento, dice Freud, si articola attraverso l’investimento delle pulsioni sessuali sull’oggetto con lo scopo di raggiungere il soddisfacimento sessuale diretto. Questo investimento si esaurisce una volta raggiunta la propria meta. L’oggetto d’amore è sottratto, entro certi limiti, dalla normale critica. Le sue qualità risultano esaltate molto più rispetto a quelle delle persone non amate o comunque per un periodo maggiore rispetto a ciò che accade con le persone non amate, in ogni modo di più rispetto a quando quella persona non era oggetto d’amore. C’è un’evidente tendenza all’idealizzazione che falsa inevitabilmente il giudizio. L’innamoramento alimenta la riverenza, l’autodanneggiamento, la limitazione del proprio narcisismo. Freud nota che ciò accade principalmente nei casi di amore infelice, quando non è ricambiato e non può venire quindi appagato. Infatti ogni volta che il soddisfacimento sessuale viene raggiunto, la sopravvalutazione sessuale risulta ridotta. L’attenzione che l’Io dedica all’oggetto fa sì che le funzioni usualmente convogliate verso l’ideale dell’Io si riducano. L’oggetto si posiziona al posto dell’ideale dell’Io. L’innamoramento viene accostato da Freud all’ipnosi: umile sottomissione, arrendevolezza, assenza di senso critico. Così come si riscontrano questi atteggiamenti nei confronti dell’ipnotizzatore così li abbiamo nei confronti dell’oggetto amato. Freud definisce la relazione ipnotica una “formazione collettiva a due” ed enuncia la formula che spiega la struttura libidica di una massa: “una massa primaria è costituita da un certo numero di individui che hanno messo un unico oggetto al posto del loro ideale dell’Io e che pertanto si sono identificati gli uni con gli altri nel proprio io”[1].
Freud considera l’innamoramento come un caso particolare di amore di sé in grado di condurre il soggetto ad una sopravvalutazione dell’oggetto. L’innamoramento produce una cattura narcisistica dell’oggetto sopravvalutandolo. “In talune forme di scelta amorosa salta addirittura agli occhi che l’oggetto serve a sostituire un proprio, non raggiunto ideale dell’Io. Lo amiamo a causa delle perfezioni cui abbiamo mirato per il nostro Io e che ora, per questa via indiretta, desideriamo procurarci per soddisfare il nostro narcisismo”[2].“Ti amo, ma poiché inspiegabilmente amo in te qualcosa più di te, l’oggetto a, ti mutilo […] Mi do a te, ma questo dono della mia persona – mistero! Si cambia inesplicabilmente nel regalo di una merda”[3]. Nell’XI, Lacan riprende le tematiche emerse in Psicologia delle masse e analisi dell’io, esaltandone però, a differenza della prima lettura incentrata principalmente sul concetto di identificazione, il lato oscuro, l’oggetto a, la Cosa, ciò che lega il soggetto al suo inevitabile destino: l’origine perduta da ritrovare, ma che invece si riduce ad essere costituita, ogni volta, nella contingenza dell’incontro. Scrive Lacan, “Questo a si presenta precisamente, nel campo del miraggio della funzione narcisistica del desiderio, come l’oggetto non-inghiottibile, per così dire, l’oggetto che resta di traverso nella gola del significante. È in questo punto di mancanza che il soggetto deve riconoscersi”[4]. Detto ciò, cos’è che differenzia la psicoanalisi dall’ipnosi? “Definire l’ipnosi come la confusione, in un punto, del significante ideale in cui il soggetto si reperisce con l’a, è la definizione strutturale più certa che sia mai stata proposta. Ora, chi non sa che l’analisi si è istituita proprio distinguendosi dall’ipnosi? In quanto la molla fondamentale dell’operazione analitica è il mantenimento della distanza tra l’I e l’a”[5].
[1] S. Freud, Psicologia delle masse, op. cit., 113
[2] S. Freud, Psicologia della masse, op. cit., p. 109.
[3] J. Lacan, Il Seminario, Libro XI, op.cit, p. 264.
[4] J. Lacan, Il Seminario, Libro XI, op.cit, p. 266
[5]J. Lacan, Il Seminario, Libro XI, op.cit, p. 268-269.