Per Lazarus e Weiner nell’esperienza emozionale le valutazioni cognitivamente orientate e le attribuzioni di significato sono fondamentali. C’è sempre un’interpretazione e una attribuzione di significato alla base di una emozione.
Lazarus, come affermava già Magda Arnold, sostiene che le esperienze emotive sono il risultato finale di un’operazione di pensiero, ossia di una valutazione cognitiva del significato attribuito ad eventi che sarebbero alla base della nostra condizione contingente di benessere o malessere.
Lazarus sostiene che l’ipotesi di Zajonc si fondi su un’errata interpretazione del concetto di “processo cognitivo”. Questo infatti è stato equiparato al pensiero intenzionale, razionale e consapevole. Lazarus invece quando parla di processo cognitivo come condizione necessaria e sufficiente affinché ci sia un’emozione, non si riferisce ad un “pensiero intenzionale, razionale e consapevole”. Prima di esperire una emozione noi valutiamo gli eventi rapidamente e inconsciamente, costruendo i nostri pensieri su informazioni minime, spesso partendo addirittura da premesse irrazionali. Le valutazioni cognitive formatesi rapidamente e che inducono una risposta emotiva istantanea sono definite “processi cognitivi caldi” e sono anticipatori dell’emozione (ad esempio “Quel cane sta per mordermi”). Ci sono poi altri processi cognitivi, più lenti e che non producono nessuna emozione e sono chiamati “processi cognitivi freddi” (ad esempio “Quel cane ha un pelo molto bello”).
Secondo Lazarus sono processi cognitivi caldi a precedere sempre le emozioni.
Lazarus e Zajonc hanno continuato la loro querelle sulle pagine dell’American Psychologist per un po’. Zajonc, ribadendo la tesi che le sensazioni appaiono prima ed indipendentemente dai processi di valutazione cognitiva, aggiungeva che la spiegazione di Lazarus è tautologica: l’emozione è già definita nelle premesse come lo stato psicologico derivante da un processo di valutazione cognitiva. Per dimostrare l’ipotesi secondo cui il pensiero è sempre precursore di una emozione Lazarus è costretto ad ammettere la possibilità di misurare i processi cognitivi indipendentemente dalle emozioni.[i] Lazarus, dal canto suo, ritiene che un’affermazione del tipo “Mi piace questa poesia” sia un processo cognitivo freddo e pertanto non può essere considerato precursore di una sensazione. Affinché si abbia un processo cognitivo caldo, ovvero emotivo, lo stimolo dovrà essere più significativo per la persona: le emozioni autentiche dovranno essere generate da oggetti, eventi o persone che potenzialmente possono portarci un vantaggio (piacere) o un danno (dispiacere).
Da un lato, Zajonc ha ragione quando definisce la teoria di Lazarus vera per definizione ovvero non può essere ritenuta falsa con un metodo scientifico. D’altra parte Lazarus ha ragione quando dice che asserendo che una melodia è gradevole non siamo di fronte a una vera e propria emozione. Le sensazioni che emergono a partire dalla domanda “Mi piace questa canzone?” sono di tutt’altra natura rispetto a quelle che accompagnano una domanda del genere “Affronterei la morte per i miei cari?”.
Tuttavia gli esperimenti di Wilson a cui abbiamo accento prima, pongono l’accento
su alcuni problemi rilevanti nella misurazione delle valutazioni cognitive.
Anche se i partecipanti non erano in grado di dire con certezza quali musiche
avessero ascoltato, quando ne preferivano alcune, si comportavano come
se le ricordassero. Wilson poneva la questione se, in realtà, essi
avessero riconosciuto quei brani in maniera inconsapevole. Infatti sembra che i
soggetti fossero in grado di dimostrare inconsciamente di averne conservato il
ricordo attraverso la preferenza espressa per essi. A livello cosciente,
invece, non riuscivano a dimostrare di ricordarli, perché non erano capaci di
fornire una descrizione cognitiva del riconoscimento. Ciò sembra indicare una
mancanza di valutazione cognitiva oppure che quest’ultima esiste ma inconsapevolmente?
[i] Wilson (vedi nota 15) infatti, quando ha misurato i processi cognitivi, verificando se sia possibile o meno riconoscere quegli oggetti per i quali si afferma di provare attrazione, è emerso che in realtà ciò non si verificava.