Tratto da Plotino, Enneadi, Rusconi, Milano, 1992, pag. 1343 – Enneadi, VI, 9, 3
1 […] Ma l’Intelligenza [Noûs] può vedere soltanto o le cose che sono sopra di lei, o le cose che le appartengono o le cose che da lei provengono. Le cose che sono in lei sono pure; ma piú pure e piú semplici sono le cose che sono prima di lei, o meglio, l’Unico che la precede. Questi, dunque, non è l’Intelligenza, ma è anteriore all’Intelligenza. Poiché l’Intelligenza è “qualcosa” che fa parte degli esseri. Quello, invece, non è “qualcosa”, ma è anteriore a qualsiasi cosa; e nemmeno non è essere, poiché l’essere possiede – diciamo cosí – una forma, la forma dell’essere. Ma l’Uno è privo di forma, privo anche della forma intelligibile.
2 Appunto perché l’essenza dell’Uno è la generatrice di tutte le cose, essa non è nessuna di esse: perciò essa non è “qualcosa”, né è qualità, né quantità, né Intelligenza, né Anima; non è “in movimento” e nemmeno “in quiete”; non è “in uno spazio” né “in un tempo”; essa è in sé solitaria, tutta chiusa in se stessa, o meglio, è l’Informe prima di ogni forma, prima del moto e prima della quiete: poiché tali proprietà appartengono all’essere e lo fanno molteplice. Ma, se Egli non è in moto, perché non è nemmeno in quiete? Perché l’una di queste due alternative, o ambedue, aderiscono necessariamente solo all’essere; e poi, ciò che è in quiete è quieto in virtú della quiete ma non si identifica con essa: perciò quiete e moto gli aderirebbero solo per accidente, ed Egli non sarebbe piú semplice. […]