Il concetto di omeostasi descrive, seguendo l’ipotesi di Cannon, le reazioni fisiologiche coordinate che mantengono la maggior parte degli stati stazionari del corpo caratteristici di un organismo vivente. Cannon, W.B., The Wisdom of the Body, W.W. Norton&Co., New York, 1932.
La teoria fisiologica sembra suggerisce che le funzioni che i vari organi e i vari apparati svolgono hanno l’obiettivo di preservare alcune condizioni fisico-chimiche dell’ambiente interno mantenendole costanti. Il mantenimento della costanza dell’ambiente interno è definito omeostasi e ci sono vari meccanismi fisiologici che hanno il compito di mantenere le migliori condizioni possibili per ristabilire tali condizioni omeostatiche, se alterate. Quindi, quando una disfunzione esterna o interna compromette un organismo in omeostasi, tali meccanismi tentano di compensare tale perdita di omeostasi.
Se tale tentativo ha successo e dunque c’è la compensazione, si ripristinano le condizioni ottimali interne ed abbiamo una condizione fisiologica di benessere. Se il tentativo di compensazione fallisce allora ci possono essere delle alterazioni dell’ambiente interno, con conseguente condizione patologica, sofferenza e ridotta efficienza degli organi, apparati e delle capacità di svolgere le funzioni vitali (e ciò può causare, come estrema conseguenza, anche la morte).
L’organismo è un sistema aperto che scambia materia ed energia con il mondo esterno. Attraverso il principio dell’equilibrio di massa: la costanza di una certa sostanza è garantita se le entrate e le uscite dall’organismo sono uguali, cioè, per mantenere un livello costante, le entrate, ovvero l’assunzione o produzione metabolica, devono essere uguali alle uscite, escrezione o rimozione metabolica.
La più parte dei sistemi di controllo dell’organismo funzionano attraverso un meccanismo di retroazione (feedback) negativo, cioè una variazione di un certo parametro, produce una risposta che si oppone alla perturbazione iniziale per riportare quel parametro al valore di partenza.
L’equilibrio omeostatico è possibile grazie ad (a) un sistema di sensori che misurano un certo parametro, un vero e proprio centro di integrazione, dove la misura è confrontata ad un valore di riferimento (set point) e (b) un sistema di effettori in grado di modificare il parametro da controllare, riportandolo al valore di riferimento, tutte le volte che esso cambia.
Le condizioni fisico-chimiche ottimali dell’ambiente interno secondo Claude Bernard (1813-1878) tendono ad essere costanti il più possibile. Bernard sosteneva che la costanza dell’ambiente interno è la condizione per una vita libera e indipendente, perché fa sì che l’ambiente interno mantenga le condizioni necessarie alla vita, anche grazie al continuo aggiustamento dell’organismo che compensa ed equilibra le variazioni esterne. Bernard C., Leçons sur les phénomènes de la vie communs aux animaux et aux végétaux, París, Librairie philosophique J. Vrin, 1866.
Cannon introducendo il concetto di omeostasi reinterpretò il concetto di ambiente interno sottolineando che le condizioni dell’organismo si mantengono in modo dinamico all’interno di un insieme definito caratterizzato da processi che si autoregolano. L’omeostasi è la tendenza che spinge gli organismi viventi a mantenere inalterate, entro un certo range, alcune condizioni rispetto al variare dell’ambiente esterno.
Il concetto di omeostasi (che si differenzia da quello di “stato stazionario”, determinato dall’azione di forze che agiscono in senso contrario) si configura come l’interazione di una serie, anche elevatissima, di stati stazionari: una cellula, per esempio, è in omeostasi quando ogni singolo meccanismo necessario alle sue funzioni vitali è in stato stazionario. Il funzionamento ottimale dell’organismo (organi, tessuti, cellule) è garantito da determinate condizioni (es. temperatura) che devono essere mantenute entro certi valori, grazie all’azione di meccanismi omeostatici regolatori. I componenti dell’ambiente interno sottoposti al controllo dei meccanismi omeostatici presentano delle fluttuazioni ondulatorie che nel tempo sono stabili.
Un sistema è una struttura finita composta da elementi collegati tra loro attraverso delle interazioni misurabili. Un sistema si dice aperto quando scambia materia o energia con l’ambiente esterno. Un sistema aperto ha una barriera che fa da ingresso (input) e uscita (output). L’input proviene da altri sistemi e modifica lo stato del sistema stesso. L’output è prodotto dallo stato del sistema che diventa input per altri sistemi oltre che dello stesso sistema. Il raggruppamento delle connessioni tra i vari sistemi produce delle reti strutturate e delle reazioni complesse. L’organismo è, seguendo questa linea di ragionamento, un ”supersistema”.
Un sistema di controllo monitora i valori di certe variabili affinché essi siano mantenuti entro limiti prestabiliti. Le variabili controllate sono un sottogruppo degli output all’interno di un sistema controllato che subisce l’azione di due tipi di categorie di input: le funzioni forzanti e i disturbi.
Le funzioni forzanti rappresentano l’output del sistema controllore che possono essere manipolate e dunque produrre dei cambiamenti. La mission del sistema controllore è quella di generare funzioni forzanti adeguate ai propri input, cioè dei valori di riferimento (set point).
I disturbi, detti anche perturbazioni, sono input non controllati. Essi generano dei cambiamenti non voluti e che alterano lo stato del sistema.
Il sistema di controllo riceve degli input dai “sensori” che monitorano lo stato del sistema misurando i valori della variabile controllata. I sensori monitorano l’emersione di eventuali perturbazioni (sistema di controllo a feedforward) e gli effetti che queste hanno sul sistema (sistema di controllo a feedback). Nel controllo a feedforward abbiamo la rilevazione della perturbazione da parte del sensore prima che si abbiano le ricadute sullo stato del sistema. In questo caso il controllore fa una valutazione, un calcolo degli effetti che si avranno sulla variabile controllata. Il vantaggio in questo caso è quello di avere la possibilità di evitare gli effetti della perturbazione grazie a degli interventi correttivi preventivi.
I sistemi di controllo presenti negli organismi tendono ad essere lineari anche se sono in realtà dinamici, cioè tendono a variare nel tempo. Molti disturbi possibili potrebbero essere intercettati prima riuscendo così a predire le ricadute che avrebbero sulla variabile controllata. Infatti i sistemi a feedforward coinvolgono meccanismi predittivi molto articolati e complessi.
Nei sistemi di controllo a feedback la perturbazione modifica lo stato e dunque l’output che viene rilevato dal sensore. Il sistema di controllo a feedback quindi è sprovvisto di meccanismi predittivi e questo lo rende meno complesso rispetto a quello feedforward ma anche più lento perché è necessario che si realizzi l’effetto della perturbazione affinché esso possa attivarsi. Per questa ragione, la grande maggioranza dei sistemi di controllo fisiologici è a feedback.
La regolazione dei sistemi consiste nell’insieme dei processi che mantengono il valore di una variabile o lo stato di un sistema, costante. Il controllo è lo strumento grazie al quale si ottiene la regolazione. Un numero altissimo di regolatori garantisce l’omeostasi dell’organismo, essi agiscono in contemporanea interagendo tra di loro e in un assetto organizzativo e gerarchico. I sistemi di controllo fisiologici, come accennavo sopra, per la maggior parte sono a feedback. Un output viene rilevato da un sensore, quest’ultimo genera un output con un valore proporzionale alla variabile regolata. A questo valore viene scorporato il valore di riferimento (set point, ovvero quel valore che la variabile regolata punta ad avere). Il risultato è un segnale di errore. Il segnale di errore viene intensificato, elaborato ancora e poi indirizzato al sistema controllato come funzione forzante. Il segnale di errore è negativo quando il valore della variabile regolata è inferiore al valore di riferimento e positivo se è superiore. Un sistema a feedback negativo si ha quando l’azione del controllore ha segno opposto rispetto a quello dell’errore, se invece i due segnali hanno lo stesso segno allora è a feedback positivo.
Un sistema di controllo a feedback negativo ha come obiettivo quello di diminuire lo scarto tra il valore della variabile regolata e il valore di riferimento, questo dovrebbe mantenere la variabile regolata entro un certo range, cioè dovrebbe tendere all’equilibrio. L’azione del controllore in un sistema a feedback positivo invece punta ad aumentare la differenza; in questo caso il sistema tende a crescere o a diminuire in modo esponenziale, fino all’estremo dell’esplosione o del blocco.
I sistemi biologici di controllo a feedback positivo non sono omeostatici, per esempio, quando le contrazioni dell’utero spingono il feto verso il collo dell’utero, abbiamo una distensione di quest’ultimo, distensione che porta al rilascio di ossitocina che a sua volta aumenta le contrazioni che a loro volta aumentano la spinta del feto nel collo dell’utero. Questi passaggi non hanno nessuna valenza omeostatica, come non lo hanno quelli che caratterizzano la depolarizzazione della membrana cellulare nervosa che, come sappiamo, comporta l’apertura dei canali per il Na+ voltaggio-dipendenti, apertura che ha come conseguenza l’ingresso di Na+ nella cellula e l’aumento di Na+ che a sua volta aumenta la depolarizzazione che comporta a sua volta l’apertura di altri canali.
Un esempio di sistema a feedback negativo (uno tra i tanti) è quello della regolazione della temperatura, che funziona proprio con la stessa logica dei sistemi di climatizzazione a noi tutti noti. Come è risaputo, il valore di riferimento per la temperatura dell’organismo umano è 37 °C. Nell’ipotalamo sono presenti dei neuroni termosensibili alle variazioni della temperatura e sulla cute abbiamo i recettori cutanei. Il confronto tra il valore della temperatura (valore della variabile controllata) e quello del set point (valore di riferimento) ha come effetto un segnale errore. Tale segnale mette in moto il controllore e allo stesso tempo dei meccanismi che incidono sulla produzione di calore cutaneo e sulla dispersione termica (agendo sulla sudorazione e sulla sull’irrorazione del sangue). L’azione dei meccanismi effettori (del controllore) globalmente considerata ha sempre segno opposto a quello della variazione: se cioè la temperatura aumenta, l’effetto del sistema sarà una sua riduzione; se, viceversa, essa diminuisce, il sistema la riporterà a un valore molto vicino a quello del set point. Se aumenta la temperatura, il controllore agirà in modo da farla diminuire (azione di segno opposto rispetto a quello del valore rilevato) viceversa, da farla aumentare. Ovviamente, se il sistema controllore aumenta la temperatura lo farà incrementando la produzione di calore e diminuendo la sua dispersione, viceversa riducendone la produzione e aumentando la dispersione.
Ci sono esseri viventi che non sono dotati di meccanismi che regolano la temperatura (rettili o pesci, per esempio), per loro il grado di calore interno è quasi identico a quello presente nell’ambiente circostante e come è noto, la temperatura incide molto sulle reazioni chimiche e tutte le funzioni dell’organismo sono pesantemente influenzate dalla temperatura esterna. Invece gli esseri viventi che mantengono la stessa temperatura indipendentemente dall’ambiente esterno (omeotermi) sono “liberi” da questo condizionamento e questa caratteristica conferisce loro una maggiore autonomia adattiva e maggiori chance evolutive.
Nella maggior parte dei sistemi biologici il set point è il risultato di una serie di operazioni molto articolata che si realizza in diversi sistemi di catene neuronali. Certi sistemi di controllo hanno il set point che subisce l’effetto di altri fattori e dunque il suo valore non è costante, cambia nel tempo in questi casi essi sono chiamati “servomeccanismi” e l’input nel sistema di controllo è chiamato “segnale di comando” invece che set point.
I circuiti a feedback negativo possono essere circuiti semplici, quando la variabile controllata è misurata solo da un sensore che mette in moto il controllore di quella variabile. Nei casi in cui invece la variabile controllata è rilevata da più sistemi e quando l’output di questi sistemi incide su più meccanismi che rilevano la variabile controllata, allora parliamo di “circuiti multipli”.
I meccanismi omeostatici fanno sì che i parametri vitali si mantengano all’interno di un range che consente all’organismo di funzionare in modo equilibrato anche quando ci sono dei bruschi cambiamenti nell’ambiente esterno. Ricordiamolo nuovamente: nell’organismo ci sono anche meccanismi che tendono a modificare una data variabile invece che portarla ad un dato valore di riferimento, i sistemi feedforward (cosiddetti sistemi allostatici) che modificano anticipatamente lo stato di un sistema e di una variabile controllata. Sono sistemi in grado di anticipare gli effetti di una perturbazione, sono in grado cioè di valutare la qualità della risposta e di confrontarla con quelle avute in passato. Tali sistemi sono capaci di apprendimento.