Heidegger ricordava che gli stati affettivi sono come «ombre delle nuvole che coprono il paesaggio», cioè accompagnano gli altri processi psichici, connotandoli positivamente, «lo splendore e il fulgore» oppure negativamente, la «tenebra».[i]
Il concetto di umore, insieme a quello di emozione e sentimento sono alla base del concetto di «psiche affettiva» (timopsiche) che si colloca in una posizione di mezzo rispetto alla «psiche cognitiva» (noopsiche) e a quella pulsionale (sofropsiche).
Ridotta all’osso la questione, si può dire che l’umore è uno stato somatico che ci orienta, ci fa tendere verso una certa valutazione dei nostri stessi pensieri che possono essere colorati all’insegna del piacere oppure del dispiacere, in quanto polarità edoniche.
L’umore colora la nostra percezione del mondo non solo esterno, ma anche interno.
Non è facile differenziare i concetti di umore, sentimento, emozione in modo chiaro ed incontrovertibile.
Possiamo dire che l’emozione è una condizione somatica, il sentimento è la coscienza di questa condizione somatica e che l’umore è un agglomerato di emozioni o sentimenti, diverso dalla somma dei contenuti di questo insieme: è una mescolanza di tutto ciò.
Possiamo provare molteplici emozioni e sentimenti in un certo lasso di tempo, mentre l’umore è più duraturo ed ha una sua unicità, come se non fosse riproducibile come accade invece con l’emozione della paura o della tristezza.
L’umore ha una sua tonalità edonica. Esso è riducibile a due condizioni somatiche: piacere o dispiacere, rispettivamente, valore positivo e negativo.
L’umore di fondo ha un suo tono edonico stabile, a volte apparentemente scollegato da fattori ambientali o circostanziali. Esso è in grado di orientare il nostro modo di interpretare ciò che ci accade intorno, favorisce certi pensieri e ricordi piuttosto che altri, modificando il nostro modo di percepire la realtà.
Tali interpretazioni, tali pensieri o ricordi finiscono per rafforzare e prolungare quella certa tonalità edonica piuttosto che quell’altra. In questo senso l’umore compromette la nostra capacità di percepire, di pensare ed incide sul comportamento e sulla capacità di dare valore e recuperare i ricordi. Ricordi associati ad un certo tono edonico sono facilitati se si è attraversati, nuovamente, dallo stato umorale vissuto durante la loro formazione (mood congruence), questo accade sia se l’umore è “negativo” sia se è “positivo”.
L’umore corrisponde ad uno stato affettivo apparentemente non identificabile perché apparentemente esso “accade” senza una causa, accidentalmente o perché è l’effetto di cause organiche (fattori endogeni) non prevedibili, per esempio riconducibili ai normali ritmi omeostatici che regolano il nostro organismo (es. fame, sonno, stanchezza, luce, clima…).
Se questo stato affettivo non è riconoscibile, cioè non è oggetto di attenzione, di consapevolezza, esso diventa una sorta di “sfondo” edonico (nel senso di piacevole o dispiacevole) in grado di pervadere tutta l’attività psichica.
L’emozione, invece, è uno stato affettivo che entra nel focus dell’attenzione, anzi, questa ultima non può non focalizzarsi su di essa, essa non è sullo sfondo ma è una figura in primo piano, un vissuto identificabile, riconoscibile e riconducibile ad un determinato fattore scatenante, una causa.
L’umore è diffuso, pervasivo ma (apparentemente) non identificabile, cioè
non riconducibile a nessun fatto(re) causale.
La consapevolezza dello stato affettivo non coincide
con l’individuazione di una causa e ciò lo rende spesso e per certi versi
inspiegabile.
[i] Heidegger M., Concetti fondamentali della metafisica. Mondo – finitezza – solitudine, Genova, Il melangolo, 1999, p. 87.