Lacan ipotizza l’esistenza di una lingua primordiale che non ancora ha trovato la sua inscrizione nella struttura del linguaggio in quanto tale. Quindi non è né esclusivamente preverbale e né simbolica tout court. La chiama lalingua ed è sempre sullo sfondo, mentre si parla. Essa sta un passo indietro rispetto al linguaggio, lo precede, è intrecciata con il corpo, il corpo che parla. Essa rappresenta le radici che il linguaggio ha nella corporeità, nella carne, nel godimento. È una lingua intrisa di godimento, da questo punto di vista, e credo solo da questo, essa può essere pre-simbolica.
Il simbolico per Lacan è il campo del linguaggio, è il luogo delle leggi, della cultura. È il luogo dell’Altro, dell’altro che affetta, che fa dei tagli sul corpo biologico, sull’organismo, svuotandolo di godimento. Le leggi che regolano il linguaggio sono universali, ed i singoli sono “assoggettati” ad esse.
La dimensione del linguaggio, in quanto simbolico, è una dimensione universale, trans-individuale. Il soggetto che parla si colloca proprio nel punto d’incontro tra la sua singolarità e l’universale di questo luogo simbolico.
La parola accade, pertiene all’accadere del linguaggio, e ci vuole sempre qualcuno in carne ed ossa che si renda responsabile della parola.
Il linguaggio, invece, in quanto simbolico è impersonale, universale, anonimo.
Se il linguaggio in quanto tale implica la possibilità, la potenzialità di tutto ciò che si può dire, il soggetto parlante dice qualcosa sempre con l’intento di significare, di voler dire qualcosa, c’è una intenzionalità in gioco e ciò è reso possibile dal linguaggio, dalle sue leggi; ma la parola in quanto tale, in quanto atto di una singolarità, spinge per andare oltre il linguaggio.