“Nulla è nell’intelletto che non fu già nei sensi” (1/40)

La percezione organizza i dati sensoriali in un’esperienza più articolata e complessa.

La sensazione è invece immediata? Diretta? La sensazione (αίσθησις, aistesis) è semplice passività causata dalla ricezione di dati che arrivano dal mondo esterno o invece è il risultato dell’attività organizzante agita dai nostri organi di senso che danno loro un certo significato?

Se avalliamo la prima ipotesi allora la coscienza riceve passivamente i dati sensoriali, se avalliamo la seconda, la coscienza percepisce un oggetto esterno con determinate qualità sensibili che corrisponderebbero ai primi dati utili per avviare il processo conoscitivo che è diverso dal semplice avere coscienza dei dati sensoriali in quanto tali. Per esempio, l’ipotesi avanzata dalla psicologia della Gestalt è contraria all’idea che delle sensazioni elementari possano unirsi per creare una conoscenza sensibile, proprio come sostenevano Hume e John Stuart Mill. Secondo i teorici della Gestalt ci sono delle forme innate (Gestalten) che strutturano i dati sensoriali provenienti dall’esperienza.

Già gli Eleati sostenevano che «Sicura è solo la ragione»[i] poiché le sensazioni sono mutevoli, molteplici e dunque ingannevoli.

Mentre Eraclito sosteneva che fosse l’intelletto ad organizzare i dati sensibili e che questi ultimi rappresentavano il continuo fluire e per tanto erano in grado di rivelare la vera essenza della realtà, Aristotele sosteneva che la sensazione è il primo tempo del conoscere, cioè la coscienza di sentire, «il sentire di sentire»[ii]. Per Platone le sensazioni possono richiamare alla coscienza delle verità scordate, andate perse e pertanto esse sono importanti per la conoscenza ma limitatamente a questa funzione, per lui infatti, è importante differenziare il valore attivo del conoscere del nous dell’intelletto da quello passivo del sentire. Aristotele[iii] non è d’accordo con Platone nello sminuire la portata conoscitiva delle sensazioni, anzi, la sua concezione della conoscenza si fonda proprio nei sensi: «Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu» (Nulla è nell’intelletto che non fu già nei sensi).[iv] Per Aristotele il contenuto specifico di una sensazione, ciò che arriva ai diversi sensi (il colore, per esempio, di un tavolo) è il “senso proprio”. Chiama invece “sensibile comune”, ciò che viene percepito da tutti (movimento, grandezza, figura, numero, esempio: il tavolo è fermo, misura x, ha questa forma, è uno…) ovvero qualcosa che va al di là dei singoli ed elementari dati sensoriali, i contenuti della sensazione e che ci consente di avere un oggetto di riferimento, lì, davanti a noi, come un numero (un tavolo, due tavoli…) e una figura (3 piedi, 4 piedi). Il “sensibile accidentale” per Aristotele invece si riferisce ad una particolare qualità che può emergere da un oggetto, per esempio un uccello che si sofferma a guardare una zolletta di zucchero ma solo per caso, perché quello che vede è qualcosa di bianco.[v] Infine abbiamo il “sensorio comune”[vi] che mette insieme le varie sensazioni unificandole in un unico dato sensoriale (esempio gusto di zucchero che è il risultato dell’assembramento del colore, dell’odore e del sapore).

San Tommaso d’Aquino descrive il sensorio comune come la facoltà che confronta il contenuto dei vari sensi (se ciò che ho visto corrisponde a quello che ho sentito), unifica i contenuti sensibili in un unico percetto, comunica alla coscienza tutte le sensazioni affinché si possa essere coscienti di tutte le sensazioni. Se per Aristotele la sensazione fa parte dell’oggetto, per Cartesio, essendo il corpo disgiunto dall’anima, è quest’ultima a sentire e in quanto coscienza, a distinguere le qualità “primarie” (oggettive), da quelle “secondarie” (soggettive).


[i] Eusebio, Praeparatio Evangelica, XIV, 17.

[ii] Karl-Otto Apel, Carlo Sini, Filosofia, Editoriale Jaca Book, 1992 p.204.

[iii] Aristotele, De anima, De sensu et sensibilibus, De memoria et reminiscentia.

[iv] La massima aristotelica sarà ripresa da John Locke nel Saggio sull’Intelletto Umano, Libro II, Cap. 1, § 5.

[v] Tomasi P., Una nuova lettura dell’Aristotele di Franz Brentano alla luce di alcuni inediti, Editrice UNI Service, 2009 p. 182.

[vi] Rosmini A., Psicologia, Editore F. Rossi Romano, 1858 p.167.