Non ci è concesso, non è possibile, concepire, immaginare la mente come una porzione della nostra visione del mondo. [i] L’oggetto di studio corrisponde alla capacità stessa di poter studiare.
Searle sostiene che «l’irriducibilità della coscienza è una mera conseguenza della pragmatica delle nostre pratiche definitorie»[ii] e questa irriducibilità deve essere considerata la «prova definitiva»[iii].
La mente non può studiare sé stessa[iv]. Abbiamo bisogno di un Altro, per capirci qualcosa.
Quando ci si sdraia su di un lettino è un po’ come togliersi l’orologio. Per certi versi è l’analista che tiene il tempo. Non a caso le associazioni sono libere, libere da cosa? Da una sequenzialità logica predeterminata proprio come può essere quella di una lancetta dell’orologio o una sequenza di numeri su uno schermo digitale.
Le associazioni sono libere perché “questo non viene prima di quello o dopo quell’altro”.
Nel processo primario alla base dell’inconscio, il tempo e lo spazio, si sgretolano.
Il tempo è una soluzione che ci consente di avere un taglio sulla vastità del reale, un taglio che lo rende più abitabile, un taglio che consente l’emersione di uno spazio condiviso di vita sulla vastità dell’insensato reale.
Nel 1905 Albert Eistein mentre passeggiava con Michele Angelo Besso, conosciuto al Politecnico di Zurigo, rifletteva ad alta voce sul pensiero di Galileo Galilei che un giorno disse “Il tempo è come se non fusse”.
All’improvviso Albert Einstein disse: «…credo di aver capito!… guarda la torre dell’orologio, laggiù, nel centro di Berna. Se avessimo un binocolo, potremmo leggervi l’ora, ma non la nostra ora. Dovremmo sottrarre il tempo che la luce ha impiegato per arrivare dall’orologio fino a noi. Sento che questa idea modificherà la nozione di tempo per un osservatore in moto. Grazie Michele!». [v]
Poco dopo Eistein rivoluzionò la teoria del tempo assoluto attraverso la teoria della relatività. Il tempo non ha un’esistenza assoluta, indipendente, no. Esso è indissolubilmente legato alla velocità dei segnali.
Anche nel corpo il tempo può essere concepito come strettamente connesso alla velocità dei segnali: alla velocità dei segnali di carica/scarica di una fonte somatica. È il tempo vissuto, singolare, soggettivo derivante dall’aumento/diminuzione della tensione sorta dal marchingegno del desiderio. È noto che gli eroinomani quando hanno assunto la droga non hanno più la percezione del tempo che riacquistano solo quando gli effetti finiscono. Cioè il meccanismo dell’aumento/diminuzione della tensione pulsionale si annulla, c’è il nirvana, l’assoluto azzeramento dello slancio pulsionale, la piena soddisfazione.
Per Minkowsky lo spazio ed il tempo non possono essere concepiti come divisi, separati.
Non c’è un adesso, non c’è una sequenza di momenti intervallati che
trascorrono, questa è una costruzione mentale.
[i] «L’ontologia del mentale è un’ontologia irriducibilmente in prima persona». Searle, J. (1992), La riscoperta della mente, Bollati Boringhieri, Torino, 1994., p. 95 e 98.
[ii] Ivi, p. 122.
[iii] Ivi, p. 97.
[iv] «Ritornare alle cose stesse significa ritornare a questo mondo anteriore alla conoscenza di cui la conoscenza parla sempre e nei confronti del quale ogni determinazione scientifica è astratta, segnitiva e dipendente, come la geografia nei confronti del paesaggio in cui originariamente abbiamo imparato che cos’è una foresta, un prato o un fiume». Ponty M. (1945), Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano, 1965. 1965, p. 17.
[v] Damour T., Albert Einstein – La rivoluzione della fisica contemporanea, Thibault Damour, Einaudi, 2009.