Per Lacan il termine esatto per nominare l’inconscio non è essere parlante ma “parlessere”.
L’essere parlante comporta l’essere con l’aggiunta del parlare, la parola sarebbe un di più.
Nel parlessere la parola viene prima. Lacan scrive, «Ne discende la mia espressione del parlessere che si sostituirà all’ICS di Freud (si legga: inconscio): fatti in là che mi ci metto io […]»[i]. Questa operazione consente gli di svincolare l’inconscio dalla coscienza, operazione impossibile per Freud.[ii]
Cioè il corpo dall’essere passa all’avere. «Il parlessere non è un corpo, ma ha un corpo»[iii].
Nel seminario XX Lacan definisce la lalingua come: «[…] il nocciolo del mio insegnamento, ovvero che io parlo senza saperlo. Parlo con il mio corpo senza saperlo. E dunque dico sempre di più di quanto io non sappia»[iv].
Nell’ultimo Lacan, come ci ricorda Miller dove c’era l’Altro c’è l’Un-corpo. Non c’è significante, non c’è identificazione, c’è il parlessere. «Tutto ciò che si trovava investito nel rapporto con l’Altro viene qui ridotto alla funzione originaria del rapporto con il corpo proprio […]»[v].
Con l’Un-corpo non c’è identificazione, ma
proprietà: il mio corpo, il corpo proprio. «Il parlessere adora il proprio
corpo»[vi].
[i] Lacan J., Joyce il Sintomo, in Altri scritti, op. cit., p. 557.
[ii] «[…» la parola […] si definisce come l’unico luogo in cui l’essere abbia un senso. E il senso dell’essere è di presiedere all’avere, cosa che giustifica lo sproloquio epistemico.» Lacan J., Joyce il Sintomo, cit., p. 557.
[iii] Miller J.-A., L’inconscio e il corpo parlante, op. cit. .
[iv] J. Lacan, Il Seminario. Libro XX. Ancora [1972-1973], Einaudi, Torino 2011, p.114.
[v] Miller J.-A., L’inconscio reale. Corso tenuto al Dipartimento di Psicoanalisi dell’Università di Paris VIII nell’anno accademico 2006-2007, in La Psicoanalisi, n. 43-44, Astrolabio, Roma 2008, p. 222.
[vi] Lacan J., Il Seminario. Libro XXIII. Il Sinthomo [1975-1976], op. cit, p. 63.