Fonte: K. Marx, Il capitale, Editori Riuniti, Roma, 1964 , l. I, pag. 186
Il possessore di denaro diventa capitalista nella sua qualità di veicolo consapevole di tale movimento. La sua persona, o piuttosto la sua tasca, è il punto di partenza e di ritorno del denaro. Il contenuto oggettivo di quella circolazione – la valorizzazione del valore – è il suo fine soggettivo, ed egli funziona come capitalista, ossia capitale personificato, dotato di volontà e di consapevolezza, solamente in quanto l’unico motivo propulsore delle sue operazioni è una crescente appropriazione della ricchezza astratta. Quindi il valore d’uso non dev’esser mai considerato fine immediato del capitalista. E neppure il singolo guadagno: ma soltanto il moto incessante del guadagnare. Questo impulso assoluto all’arricchimento, questa caccia appassionata al valore è comune al capitalista e al tesaurizzatore, ma il tesaurizzatore è soltanto il capitalista ammattito, mentre invece il capitalista è il tesaurizzatore razionale. Quell’incessante accrescimento del valore, al quale tendono gli sforzi del tesaurizzatore quando cerca di salvare il denaro dalla circolazione, viene raggiunto dal capitalista, piú intelligente, che torna sempre di nuovo ad abbandonarlo alla circolazione.