La dimensione del sensibile per Hegel è un primo momento, quello che nasce dalla certezza di fronte al dato immediato.
I dati dei sensi fanno sì che l’oggetto appaia, che si configuri come qualcosa di certo ed immediato.
Le sensazioni invece sono incerte e variabili.
Dopo la sensazione abbiamo la percezione che è il secondo momento. È il momento in cui si mette a fuoco l’oggetto. In cui si cerca di dare un quadro alle molteplici sensazioni, di offrire ad esse delle coordinate. È il momento in cui entra in gioco l’attenzione.
Infine, ultimo step, abbiamo l’intelletto che identifica l’oggetto e le leggi che lo categorizzano (giudizio).
Quindi la coscienza scandisce la sua azione in tre passaggi: la certezza sensibile (in riferimento al presente), la percezione, come coscienza generale dell’oggetto ed infine l’intelletto che categorizza l’oggetto.
Per Lacan i fenomeni di coscienza sono sparpagliati, dispersi, senza una sintesi. Sintesi che in Hegel avverrebbe con l’autocoscienza.
L’autocoscienza è tale solo perché è in relazione con un’altra autocoscienza. C’è sempre in gioco una lotta tra autocoscienze.
Per Hegel la lotta per l’autoconservazione crea la schiavitù.
La prima manifestazione della vita è l’appetito e l’autoconservazione diventa una priorità.
Solo chi è in grado di mettere in gioco la propria vita, la propria autoconservazione può essere libero.
Per poter essere liberi è necessario dover accettare di poter morire, è l’unico modo per non essere più schiavo. Lo schiavo diventa necessario al padrone e allo stesso tempo il padrone necessita di qualcuno che lo riconosca tale, ed infine, lo schiavo “plasma le cose”, cioè le media al padrone, che, inevitabilmente, dipende dallo schiavo.