Fonte: Jacques Lacan, Il Seminario – Libro XI – I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi 1964, Enaudi, Torino, 2003, p. 72-73.
Nel nostro rapporto con le cose così come si è costituito attraverso la via della visione, e ordinato nelle figure della rappresentazione, qualcosa scivola, passa, si trasmette, di piano in piano, per esservi sempre eluso in qualche grado – ecco ciò che si chiama lo sguardo. Per farvelo sentire c’è più di un cammino. Lo raffigurerò forse come al suo estremo, con uno di quegli enigmi che il riferimento alla natura ci presenta? Si tratta nientemeno che del fenomeno detto del mimetismo.
A questo proposito molto è stato detto, e in primo luogo molto di assurdo – per esempio che i fenomeni di mimetismo devono essere spiegati con uno scopo di adattamento. Non sono affatto di questo avviso. Devo solo rinviarvi, tra le altre, a una piccola opera che molti di voi probabilmente conoscono, quella di Caillois intitolata L’occhio di Medusa [R. Caillois, Méduse et Cie, Gallimard, Paris, 1960; trad. it. L’occhio di Medusa: l’uomo, l’animale, la maschera, Cortina, Milano, 1998.], in cui il riferimento all’adattamento viene criticato in un modo particolarmente perspicace. Da un lato, per essere efficace, la mutazione determinante del mimetismo, nell’insetto per esempio, può prodursi solo immediatamente e all’inizio. Dall’altro, i suoi pretesi effetti selettivi sono annientati dalla constatazione che, nello stomaco degli uccelli, in particolare dei predatori, si trovano tanti insetti cosiddetti protetti da qualche mimetismo quanti insetti che non lo sono.
Ma, comunque, il problema non è questo. Il problema più radicale del mimetismo è di sapere se dobbiamo attribuirlo a qualche potenza formativa dell’organismo stesso che ce ne mostra le manifestazioni. Perché ciò sia legittimo, dovremmo poter concepire attraverso quali circuiti questa forza potrebbe trovarsi in posizione di dominare non solo la forma stessa del corpo mimetizzato, ma anche la sua relazione con l’ambiente, nel quale si tratta sia di distinguersene sia, al contrario, di confondervisi. E, per dirla tutta, come ricorda Caillois in modo molto pertinente, trattandosi di tali manifestazioni mimetiche, e specialmente di quella che può evocarci la funzione degli occhi, vale a dire gli ocelli, si tratta di capire se essi impressionano – è un fatto che abbiano questo effetto sul predatore o sulla presunta vittima che arriva a guardarli – se essi impressionano per la loro somiglianza con gli occhi o se, al contrario, gli occhi sono affascinanti solo per la loro relazione con la forma degli ocelli.