Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’Io (1936)

Lo stadio dello specchio si realizza tra i sei e i diciotto mesi, il bambino in questa fase di incoordinazione motoria, anticipa attraverso l’immaginazione, la padronanza della propria unità corporea. Tale configurazione immaginaria si forma attraverso l’identificazione con l’immagine del proprio simile, che si realizza nel momento in cui il bambino percepisce la propria immagine allo specchio.

Lo stadio dello specchio rappresenta la matrice di ciò che sarà l’Io. La configurazione unificata del corpo che il bambino vede nello specchio ha qualcosa in più della semplice somma delle parti che la costituiscono. La “forma” dell’immagine ha un’identità a sé, altra dai frammenti che la costituiscono, un’identità con la quale il bambino si identifica.

È evidente qui il riferimento di Lacan alla Gestaltpsychologie[2].

Lo stadio dello specchio è un dramma la cui spinta interna si precipita dall’insufficienza all’anticipazione – e che per il soggetto, preso nell’inganno dell’identificazione spaziale, macchina fantasmi che si succedono da un’immagine frammentata del corpo a una forma, che chiameremo ortopedica, della sua totalità – ed infine all’assunzione dell’armatura di un’identità alienante che ne segnerà con la sua rigida struttura tutto lo sviluppo mentale[3].

L’immagine è un-di-più rispetto al corpo-in-frammenti, ed è per questo che essa esercita sul soggetto un potere di fascinazione. Quindi, al di qua dello specchio, il bambino è un corpo-in-frammenti (corp morcélé), egli si trova in una fase di incoordinazione motoria che gli procura disagio e frustrazione: questo è il soggetto (Je).

Nello specchio invece il bambino si vede come un tutto di cui è padrone, si vede come “uno”, nell’immagine idealizzata, cioè unificata, di sé, che lo specchio gli restituisce. Dinnanzi a questa immagine il bambino giubila: “l’assunzione giubilatoria della propria immagine speculare da parte di quell’essere ancora immerso nell’impotenza motrice e nella dipendenza dal nutrimento che è il bambino in questo stadio infans, ci sembra perciò manifestare in una situazione esemplare la matrice simbolica in cui l’Io si precipita in una forma primordiale”[4].

Il riconoscimento di sé si realizza nel rapporto che il soggetto stabilisce con l’immagine riflessa nello specchio. Riconoscendo l’immagine come propria risulta possibile una prima individuazione: forma primordiale nella quale il soggetto si “virtualizza”, è la lettura lacaniana dell’io ideale di Freud. Tale forma primordiale di “io” si produce nell’istante in cui il soggetto si lascia prendere dall’immagine che lo costituisce attraverso una linea di finzione, attraverso una traiettoria illusoria: la sua natura è assolutamente narcisistica.

Al di qua dello specchio, l’essere del soggetto è realmente frammentato e la Gestalt ideale del riflesso speculare invece sembra sostituirsi a questa frammentazione. Il potere narcisistico-incantatorio dell’immagine consente al soggetto di affrontare quella discordanza primordiale in cui si trova gettato: condizione segnata dall’onnipotenza dell’altro e dall’impotenza costitutiva del soggetto. Attraverso la rappresentazione narcisistica di sé il soggetto riequilibra questa discordanza, compensa in qualche modo la mancanza fondamentale che lo colpisce: l’immagine di sé si configura come sostituto narcisistico in grado di offrire un tampone immaginario alla frammentazione reale del soggetto.

Per Lacan l’immagine ha una funzione “costituente”[5], cioè essa non dipende dalla facoltà soggettiva dell’immaginazione, ma ha il potere di “causare” il soggetto. L’io si costituisce, nella sua genesi speculare, come un derivato dell’immagine.

A tal proposito Lacan riprende gli studi di Wallon sul corpo del bambino in relazione con l’immagine speculare[6]: la costituzione del proprio corpo è connessa alla sua “esternalizzazione” prodotta dall’immagine. Il corollario è che non c’è un “io” preesistente che in un secondo momento si esteriorizza nell’immagine, la formazione dell’io dipende dall’esteriorità di questa ultima. La lettura lacaniana di Wallon si focalizza sulla dipendenza costitutiva dell’io dall’esteriorità dell’immagine, accentuandone la drammaticità di questa condizione: niente potrà ricucire lo strappo creato dalla divisione tra il soggetto e la sua rappresentazione alienata nell’immagine.

In Introduzione al narcisismo[7] Freud sostiene l’ipotesi di una formazione del soggetto attraverso due oggetti fondamentali: da un lato, il corpo materno e le cure che esso produce e, dall’altro, la rappresentazione immaginaria del proprio corpo. Il corpo della madre genera una forma d’amore anaclitica, in questo caso l’oggetto ha una funzione di sostengo (le cure materne), l’immagine del proprio corpo genera invece un amore narcisistico, fondato sulla funzione idealizzante dell’oggetto, che è amato solo perché restituisce al soggetto un’immagine ideale di Sé. Per Freud il narcisismo è strettamente connesso al rapporto che il soggetto stabilisce con la propria immagine ideale: l’immagine ideale di Sé svolge un ruolo fondamentale nella formazione dell’io. Inoltre il narcisismo del bambino si amplifica grazie al rinato narcisismo dei genitori. Questi ultimi tendono a idealizzare il bambino, che diventa un nuovo oggetto narcisistico a partire dal quale si erge una sorta di monumento con il quale il soggetto, alienandosi in esso , si identifica[8]: tale costituzione statuaria dell’io si condensa nella forma immaginaria dell’io ideale (Idealich). In questa fase del suo pensiero, Lacan, non avendo ancora teorizzato l’azione simbolica della funzione paterna, sottolinea il ruolo attivo e strutturante dell’immagine del proprio simile. Egli concepisce le imago come immagini già assunte nell’ordine simbolico, capaci di un “efficacia simbolica”[9].

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[1] Jacques Lacan, Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io (1949), in Scritti, op. cit. .

[2] Jacques Lacan, Dei nostri antecedenti, in Scritti, op. cit., p.64 e Jacques Lacan, Aldilà del “principio di realtà”, in Scritti, op. cit., p.86

[3] J. Lacan Scritti, a cura di G. Contri, Giulio Enaudi, Torino, 1974, vol. I, p. 91. Corsivo mio.

[4] Jacques Lacan, Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io (1949), in Scritti, op. cit., p. 88

[5] Jacques Lacan, op. cit., p.89

[6] Wallon H., Sviluppo della coscienza e formazione del carattere, La Nuova Italia, Firenze, 1967

[7] Sigmund Freud, Introduzione al narcisismo, in Totem e tabù e altri scritti 1912-1914, Opere di Sigmund Freud, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, Vol. 7: 452-472)

[8] Sigmund Freud, Introduzione al narcisismo, in Totem e tabù e altri scritti 1912-1914, op. cit., Vol. 7: 461

[9] Jacques Lacan, Lo stadio dello specchio…, op. cit., p. 89