L’inconscio non è riducibile a un sistema di tracce, proprio perché coinvolge il reale del corpo, quindi non tutto l’inconscio è decifrabile, non è tutto dotato di senso.
Il punto intorno al quale si costituisce l’inconscio, il suo ombelico non è rappresentabile dal significante, è qualcosa di irriducibile. Qualcosa non si iscrive nel linguaggio, è il corpo sede della pulsione. Il significante si associa ad un altro significante incontrato nella significazione contingente ed è qualcosa che può essere rimosso.
L’affetto invece non può essere rimosso.
Solo il significante può essere rimosso.
La rimozione è in grado di far slegare l’affetto (l’aspetto quantitativo della pulsione, la sua soggettivazione) dalla rappresentazione rimossa, per agganciarlo ad un altro significante.
Scrive Lacan a tal proposito: «Quel che invece ho affermato dell’affetto è
che non è rimosso. Freud lo dice allo stesso modo. È stato tolto dalla stiva e
va alla deriva. Lo si trova spostato, folle, invertito, metabolizzato, ma non è
rimosso. A essere rimossi sono i significanti che lo ancorano».[i]
La pulsione è una forza costante che spinge dall’interno
del corpo. La rimozione non è mai definitiva proprio perché la pulsione è
costantemente attiva.
[i] Lacan J., Il seminario. Libro X. L’angoscia. 1962-1963, Torino, Einaudi 2007, p. 17.