L’immagine è e non è la realtà.
È eikon, nel senso di memoria che resta, per il nostro sguardo.
Ciò che è perso, si ri-presentifica attraverso le immagini, il nostro sentire, vedere, toccare, assaggiare, pensare, si ri-presentifica attraverso le immagini che si fissano in memoria.
L’immagine riproduce, fa da copia di qualcosa che è.
L’immagine è sempre immagine di “qualcosa”. L’immagina assomiglia a qualcosa.
L’immaginazione rende possibile il ripresentarsi delle esperienze precedentemente vissute, come «puri oggetti di contemplazione disinteressata»[i]. Le immagini, in tal senso, svelano la natura essenziale delle esperienze vissute, cioè quella di essere «ripresentazioni e più precisamente […] libere fantasie che pervengono ad una posizione privilegiata rispetto alle percezioni»[ii].
Il nostro mondo è il mondo percepito, ma il corpo che percepisce non può essere ridotto alla contrapposizione soggetto-oggetto, percipiente-percepito o coscienza-mondo.
Infatti, ed è questo punto ad essere primariamente sottovalutato dalle neuroscienze e da tutte le psicologie sperimentali, il corpo è allo stesso tempo “la mano che tocca e che è toccata”, ovvero, è allo stesso tempo soggetto del sentire e oggetto sentito.
Quando Lacan dice che «l’inconscio è strutturato come un linguaggio», dice che è la catena dei significanti a fondare il soggetto.
Il soggetto non possiede il linguaggio, ne è posseduto, è “parlato”.
Il soggetto è effetto della catena significante.
Lacan propone in tal senso un ragionamento per certi versi trasversale rispetto a quello delle neuroscienze: qualcosa che eccede il dualismo soggetto-oggetto, dentro-fuori, superficie-profondo, immagine-realtà, anima-corpo, psiche-corpo.
Il linguaggio ha una sua struttura simbolica che si impone al bambino fin dalle prime fasi della sua vita. Tale struttura lo preesiste e lui ci si trova gettato dentro fin da subito.
In questo senso il linguaggio non è qualcosa che sta fuori di noi che poi entra dentro di noi.
Cioè, l’ordine simbolico non è esterno, ma si inscrive nel nostro dentro-fuori fin dall’inizio.
La psiche per Lacan è una configurazione di significanti, l’inconscio è una struttura come quella del linguaggio, ovvero una rete di significanti che si articolano in modo sempre via via più complesso.
Quindi “ciò” che il soggetto vorrebbe dire, “ciò” intorno a cui continua a fare tante circumnavigazioni, resta irretito nelle maglie dei significati attorcigliati alle varie stratificazioni di significanti.
Di significante in significante il significato diverrà sempre più opaco, inconscio.
Così il soggetto si trova intrecciato nella struttura predeterminata dei significanti, l’Altro.[iii]
L’inconscio, «il discorso dell’Altro»[iv].
Il campo del linguaggio, che con le sue leggi, cattura il soggetto, lo assoggetta.
Il soggetto dipende dalla struttura, vi si trova iscritto, volente o nolente, prima che venga al mondo, il soggetto «nasce nel campo dell’Altro».
L’ipotesi di Lacan è radicale, l’Altro (come campo di linguaggio e luogo delle leggi) produce i suoi effetti sul bambino ancora prima di ogni contatto con la madre. Il bambino nasce in una struttura che lo precede e che lo accoglie fornendogli le coordinate esistenziali.
Il bambino nasce in una posizione particolare: è in balia dell’Altro, ne è dipendente, per vivere ha bisogno che l’Altro materno si prenda cura di lui, dei suoi bisogni essenziali, ma in realtà, il suo bisogno più importante non è un bisogno, ma una domanda, l’unica vera domanda dietro la quale si celano tutte le altre, la domanda di essere riconosciuto come unico, che è domanda di amore.
Il bambino vuole che la sua particolarità venga riconosciuta dall’Altro.
Quindi, il modello proposto da Lacan è strutturalista proprio perché la dimensione pulsionale, il corpo, l’azione subiscono l’azione del significante.
La soggettività umana è causata dal significante. Il significato è la corporeità nelle sue varie espressioni (pulsione, emozione, umore, affetto…).
Quindi il corpo pulsionale nasce grazie all’azione del significante. Il corpo passa dalla condizione di organismo, di corpo biologico a quella di corpo pulsionale attraverso l’azione del linguaggio, entrando cioè nel campo dell’Altro.
Il significante produce la sua azione attraverso dei tagli, a partire proprio dalle sue regole culturali e sociali, sono tagli simbolici (il cordone ombelicale, il controllo dello sfintere, lo svezzamento, i capelli, le unghie, l’educazione posturale…).
Il godimento trasbordante si struttura attraverso questi tagli, il godimento del corpo si annoda ad alcune zone, proprio perché i tagli svuotano quelle parte di godimenti, causano una mancanza. I tagli producono una perdita di godimento.
«L’inconscio è strutturato come un linguaggio»[v].
Il linguaggio preesiste qualunque nascituro.
L’inconscio di Lacan non è pre-verbale o istintuale. Non è qualcosa che deve essere conquistato attraverso il linguaggio, messo in parola e così portato alla coscienza.
L’inconscio è strutturato come un linguaggio e dunque sottostà alle sue regole, ha una struttura. L’inconscio ha una sua logica che emerge negli atti mancati, nei lapsus, nei sogni, nei sintomi.
Il corpo biologico è il corpo dei bisogni, delle reazioni fisiologiche, il corpo-cosa e, il corpo-pulsionale, è quello nel quale albergano i desideri, è il corpo che si muove nel mondo, il corpo vissuto.
Per Lacan il sintomo è intrecciato con il corpo, è un “evento di corpo”.[vi]
L’evento consiste nella riproduzione soggettiva del passato nel presente.
Dal 1953 il linguaggio per Lacan diventa “corpo sottile, ma corpo”.
Il sintomo come evento di corpo lo troviamo nel Seminario “Les non-dupes errent” dove Lacan sostiene che dietro ogni evento di corpo c’è un dire.
L’evento di corpo non è qualcosa di riconducibile
ad una storicizzazione simbolica.
È un segno, un segnale di un reale, una scrittura
indecifrabile.
[i] E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Torino, Einaudi, 1959, p. 50.
[ii] Ivi, p. 65.
[iii] Lacan J., Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi, in Scritti, vol. I, Einaudi, Torino, 2002, p. 277.
[iv] Ivi, p. 261, «Il desiderio dell’uomo trova il suo senso nel desiderio dell’altro, non tanto perché l’altro detenga le chiavi dell’oggetto desiderato, quanto perché il suo primo oggetto è di essere riconosciuto dall’altro.» Vedi anche Lacan J., La direzione della cura e i principi del suo potere, in Scritti, vol. II, Einaudi, Torino, 2002, p. 624: «l’Altro in quanto campo del linguaggio, del simbolico, luogo del dispiegamento della parola: l’uomo è un “animale in preda al linguaggio”».
[v] Lacan J., La scienza e la verità, in Scritti, vol. II, Einaudi, Torino, 2002, p. 871.
[vi] Lacan J., “Joyce le symptôme”, in : Autres Ecrits, Paris, Seuil, 2001, p. 569.