Fonte: W. V. O. Quine, I due dogmi dell’empirismo, trad. it. in Il problema del significato, a cura di E. Mistretta, Ubaldini, Roma, 1966, pagg. 40-41
Tutte le nostre cosiddette conoscenze o convinzioni, dalle piú fortuite questioni di geografia e di storia alle leggi piú profonde della fisica atomica o financo della matematica pura e della logica, tutto è un edificio fatto dall’uomo che tocca l’esperienza solo lungo i suoi margini. O, per mutare immagine, la scienza nella sua globalità è come un campo di forza i cui punti limite sono l’esperienza. Un disaccordo con l’esperienza alla periferia provoca un riordinamento all’interno del campo; si devono riassegnare certi valori di verità ad alcune nostre proposizioni. Una nuova valutazione di certe proposizioni implica una nuova valutazione di altre a causa delle loro reciproche connessioni logiche – mentre le leggi logiche sono soltanto, a loro volta, certe altre proposizioni del sistema, certi altri elementi del campo. Una volta data una nuova valutazione di una certa proposizione dobbiamo darne un’altra anche a certe altre, che possono essere proposizioni logicamente connesse con la prima o esse stesse proposizioni di connessioni logiche. Ma l’intero campo è determinato dai suoi punti limite, cioè l’esperienza, in modo cosí vago che rimane sempre una notevole libertà di scelta per decidere quali siano le proposizioni di cui si debba dare una nuova valutazione alla luce di una certa particolare esperienza contraria. Una esperienza particolare non è mai vincolata a nessuna proposizione particolare all’interno del campo tranne che indirettamente, per delle esigenze di equilibrio che interessano il campo nella sua globalità.
Se tutto ciò è giusto, non è affatto corretto parlare del contenuto empirico di una certa proposizione particolare – specialmente se si tratta di una proposizione molto lontana dalla periferia del campo. Ed inoltre diventa assurdo cercare una qualsiasi linea di demarcazione fra proposizioni sintetiche, che si fondino sull’esperienza contingente, e proposizioni analitiche, che valgono quali che siano i dati dell’esperienza. Le proposizioni si potrebbero far valere in tal modo se facessimo delle rettifiche sufficientemente drastiche in qualche altra parte del sistema. Persino una proposizione molto vicina alla periferia si potrebbe ritenere vera malgrado qualsiasi esperienza contraria adducendo a pretesto un’allucinazione o modificando alcune di quelle proposizioni che si chiamano leggi logiche. Analogamente, per converso, nessuna proposizione è immune, per le stesse ragioni, da correzioni.