Fonte: Platone, Opere, vol. I, Laterza, Bari, 1967, pag. 528. Parmenide, 130 a-e.
[130 a] […] Mentre Socrate cosí parlava, continuava a raccontarmi Pitodoro, egli stesso si attendeva, ad ogni nuova argomentazione, che Parmenide e Zenone si adirassero, ma quelli invece seguivano Socrate con tutta la loro attenzione e frequentemente si scambiavano qualche occhiata e sorridevano, meravigliati di lui. E cosí infatti, quando Socrate ebbe finito,Parmenide si espresse: – Socrate, disse, quanto [b] sei degno d’ammirazione per l’ardore che ti porta ai discorsi. Ma dimmi ancora: tu ammetti proprio, cosí come dici, una tale distinzione: da una parte i generi del reale, presi come tali, e dall’altra le cose che ne partecipano? E ritieni che sia un qualche cosa la somiglianza come tale separatamente da quella somiglianza che è in noi e cosí pure l’uno e la molteplicità e tutto il resto che or ora ascoltavi da Zenone? – Certo, disse Socrate. – Ed anche per cose come queste, disseParmenide, per esempio un genere, esistente come tale, del giusto, e poi del bello, del bene ed anche di ogni altra cosa analoga? – Sí, disse [Socrate]. [Parmenide] – [c] E c’è anche il genere dell’uomo, separato da noi e da quanti siamo uomini, il genere come tale dell’uomo, o del fuoco, o dell’acqua? [Socrate] – Spesso, Parmenide, mi sono trovato in difficoltà a questo proposito, se cioè bisogna applicare anche a questi oggetti lo stesso principio valido per quelli o no. [Parmenide] – E, Socrate, sei in dubbio sul parlare allo stesso modo anche di cose come queste, che in tal caso potrebbero anche suscitare il riso, e cioè come il capello, il fango, il sudiciume e altro che sia di natura vile e spregevole al massimo grado, sei in dubbio sull’ammettere o no [d] un genere anche di ciascuna di tali cose, separato, il quale sia un’altra cosa dalle cose stesse le quali noi tocchiamo con mano? – No, no, disse Socrate, si tratta di cose che, quali noi vediamo, tali esistono in realtà e cosí bisogna guardarsi dal pensare che ci sia un genere anche per esse, potrebbe essere fuori di luogo. Mi tormentò già una volta il pensiero che ciò fosse estensibile universalmente. Ma se appena m’adagio in questa opinione, tosto ne rifuggo per il timore di perdermi cadendo in un abisso di stoltezze e rifugiandomi allora presso gli oggetti a proposito dei quali or ora ammettevo senz’altro i generi della realtà io svolgo il mio lavoro ed impegno la mia attività solo entro i loro [e] limiti.