Il sogno toglie al testo qualcosa che non è sottratto alla coscienza: è un fenomeno di sottrazione che assume una valenza positiva. Una sottrazione che equivale a una sostituzione di un termine mancante, di uno zero. Tale sostituzione ha valore metaforico. Una metafora che fa emergere un significato enigmatico ed essenziale allo stesso tempo. Lacan ricorda che il lutto era materia di cui si occupava anche il negromante che faceva sorgere dal cerchio magico l’ombra, proprio come quella che appare nel sogno del paziente di Freud. È l’apparizione di un essere che è presente inspiegabilmente e, dinanzi al quale, non si può dire niente. Colui che ha convocato l’essere amato dal regno dei morti non può dirgli niente della verità che alberga nel suo cuore. Secondo Lacan, non è la restituzione dei significanti rimossi il nocciolo della questione ma la posizione del soggetto nei confronti di questi significanti che si palesano pur restando mancanti: è con l’effetto della loro mancanza che il soggetto si trova a che fare. Sono i significanti del suo fantasma.
Il soggetto è preso in un discorso nel quale non può non essere che l’agente dell’enunciazione e, allo stesso tempo, portare con sé l’enunciato, senza, cioè, cancellarsi del tutto come soggetto, come soggetto che sa veramente ciò di cui si tratta in quell’enunciato. È questo il punto dove secondo Lacan si realizza il processo di rimozione, quel punto dove “appare la cancellatura del soggetto”, dove la rimozione a sua volta scompare nel processo stesso dell’enunciazione.
Nel sogno del padre morto, il sognatore non è morto e quindi può soffrire al posto dell’altro. Ma dietro questa sofferenza si nasconde un inganno: egli è il rivale che assassina il padre.
Nella formula del fantasma, $◊a, il soggetto è barrato dal significante, trova il suo supporto nell’Altro, dove mantiene il velo che gli consente di perpetuarsi come soggetto che parla. Il soggetto, dunque, aldilà del sogno, desidera risvegliarsi oppure no? Nell’immagine dell’oggetto egli trova il supporto di un velo che gli consente di perpetuare l’ignoranza attraverso l’alibi del desiderio. La funzione dell’interdizione garantita dal padre dà al soggetto il pretesto morale per non affrontare il proprio desiderio.