La vera formula dell’ateismo

Fonte: Jacques Lacan, Il Seminario – Libro XI – I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi 1964, Enaudi, Torino, 2003, p. 58-60.

La vera formula dell’ateismo non è infatti – Dio è morto. Pur fondando l’origine della funzione del padre sulla sua uccisione, Freud protegge il padre -la vera formula dell’ateismo è che Dio è inconscio.

Il risveglio ci mostra il destarsi della coscienza del soggetto nella rappresentazione di quanto è avvenuto – lo spiacevole incidente della realtà a cui non resta altro che far fronte! Ma che cos’era, insomma, questo incidente? – quando tutti dormono, al tempo stesso colui che ha voluto riposarsi un po’, colui che non ha potuto sostenere la veglia e colui del quale, forse davanti al suo letto, un benintenzionato direbbe – Sembra che dorma, allorché noi sappiamo solo una cosa, che in questo mondo, completamente assopito, si è fatta sentire solo la voce – Padre, non vedi che brucio? Frase che è in se stessa un tizzone, che da sola appicca il fuoco laddove cade, anche se non si vede che cosa brucia, perché la fiamma ci acceca sul fatto che il fuoco verte sull’Unterlegt, sull’Untertragen, sul reale.

È proprio questo che ci porta a riconoscere nella frase del sogno isolata dal padre nella sua sofferenza, il rovescio di quello che sarà, una volta desto, la sua coscienza, e a chiederci che cos’è il correlativo della rappresentazione nel sogno. Quesito tanto più sorprendente in quanto qui vediamo veramente il sogno come il rovescio della rappresentazione – è l’iconografia del sogno ed è per noi l’occasione per sottolineare ciò che Freud, quando paria dell’inconscio, designa come ciò che lo determina essenzialmente – la Vorstellungsrepräsentanz. Il che non vuoI dire, come si è tradotto piattamente, il rappresentante rappresentativo, ma il facente-funzione della rappresentazione. Ne vedremo in seguito la funzione.

Spero di essere riuscito a farvi cogliere ciò che, dell’incontro in quanto per sempre mancato, qui è nodale e sostiene realmente nel testo di Freud ciò che gli sembra, in questo sogno, assolutamente esemplare.

Il posto del reale, che va dal trauma al fantasma – in quanto il fantasma è solo lo schermo che dissimula qualcosa di assolutamente primo, di determinante nella funzione della ripetizione – ecco quello lo che dobbiamo ora reperire. Ed ecco, del resto, ciò che ci spiega al contempo l’ambiguità della funzione del destarsi e della funzione del reale in questo destarsi. Il reale può rappresentarsi con l’incidente, il lieve rumore, il poco-di-realtà che testimonia che non sogniamo. Ma, d’altro canto, questa realtà non è poco, perché a svegliarci è l’altra realtà nascosta dietro la mancanza di ciò che fa funzione di rappresentazione – è il Trieb, dice Freud.

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Il ritorno del bisogno mira al consumo messo al servizio dell’appetito. La ripetizione domanda del nuovo. Essa si volge verso il ludico che fa di questo nuovo la sua dimensione. Freud lo di. ce anche nel testo del capitolo di cui vi ho dato il riferimento la volta scorsa.

Tutto quello che nella ripetizione varia, si modula, non è che alienazione del suo senso. L’adulto e addirittura il bambino già grandicello esigono del nuovo nelle loro attività e nel gioco. Ma questo scivolamento vela il vero segreto del ludico e cioè la più radicale diversità che la ripetizione in se stessa costituisce. Guarda. I tela nel bambino, nel suo primo movimento, nel momento in cui si forma come essere umano, manifestarsi nell’esigenza che il racconto sia sempre lo stesso, che la sua realizzazione raccontata sia ritualizzata, sia cioè testualmente la stessa. L’esigenza di una consistenza distinta dei dettagli del racconto significa che la realizzazione del significante non potrà mai essere abbastanza accurata nella sua memorizzazione da arrivare a designare il primato della significanza come tale. Dunque è un evaderne, in apparenza, se la si sviluppa variandone le significazioni. Variazione che fa dimenticare ciò che la significanza ha di mira, trasformando il suo atto in gioco e dandogli delle scariche felici rispetto al principio di piacere.