Fonte: Plotino, Enneadi, Rusconi, Milano, 1992, pag. 1343-1345. Enneadi, VI, 9, 4
E le difficoltà ci si presentano soprattutto perché la conoscenza di Lui [dell’Uno] non si ottiene né per mezzo della scienza [kat’epistémen], né per mezzo del pensiero [katà nóesin], come per gli altri oggetti dell’Intelligenza, ma per mezzo di una presenza che vale di piú della scienza [katà parousían epistémes kreíttona]. L’anima, quando acquista la conoscenza di qualche cosa, si allontana dalla sua propria unità e non resta completamente una: la scienza, infatti, è un processo discorsivo, e codesto processo è molteplicità: perciò, una volta caduta nel numero e nella molteplicità, essa perde l’Uno. È dunque necessario oltrepassare la scienza e non deviar mai dall’unitarietà del nostro essere; è necessario allontanarsi sia dalla scienza, sia dai suoi oggetti e da ogni altra cosa, anche se sia bella da contemplare: poiché ogni bellezza è inferiore all’Uno, come la luce del giorno deriva tutta dal Sole. Perciò si dice che Egli è ineffabile e indescrivibile [oudè retòn oudè graptón]. E tuttavia noi parliamo e scriviamo per avviare verso di Lui, per destare dal sonno delle parole alla veglia della visione, come coloro che mostrano la strada a chi vuol vedere qualcosa. L’insegnamento può riguardare soltanto la via e il cammino; ma la visione è tutta opera personale di colui che ha voluto contemplare. […]