Qui di seguito riporto a mo’ di sintesi della costruzione del caso clinico secondo la CBT il «Diagramma di concettualizzazione cognitiva»[1]
Emozioni negative[2]: tristezza, sentirsi giù, solitudine, infelicità; ansia, preoccupazione, paura, spavento, tensione; rabbia, furia, irritazione, fastidio; vergogna, imbarazzo, umiliazione; delusione; gelosia, invidia; senso di colpa, sentirsi ferito; essere sospettoso.
Strategie tipiche di compensazione[3]: evitare emozioni negative, cercare di essere perfetto, essere eccessivamente responsabile, evitare l’intimità, cercare riconoscimenti, evitare il confronto, cercare di controllare le situazioni, comportarsi in maniera infantile, cercare di compiacere gli altri, mostrare forti emozioni (per esempio per attirare l’attenzione), apparire di proposito incompetente o indifeso, evitare le responsabilità, cercare un’intimità inappropriata, evitare le attenzioni, provocare gli altri, abdicare al controllo degli altri, comportarsi in maniera autoritaria, allontanarsi dagli altri o cercare di compiacere solo se stessi.
Credenze di base[4]:
- Di inadeguatezza: sono incompetente, sono inefficace, non sono capace di far niente, sono inadeguato, sono impotente, sono debole, sono vulnerabile, sono una vittima, sono bisognoso, sono intrappolato, sono fuori controllo, sono un fallimento, sono manchevole (cioè, non sono all’altezza degli altri), non sono abbastanza bravo (in termini di raggiungimento di risultati), sono perdente.
- Di non amabilità: non sono amabile, non sono piacevole, non sono desiderabile, non sono attraente, non sono voluto, nessuno si preoccupa per me, sono diverso, sono cattivo (quindi gli altri non mi ameranno), sono manchevole (quindi gli altri non mi ameranno), non sono abbastanza bravo (per essere amato dagli altri, sono destinato a essere rifiutato, sono destinato a essere abbandonato, sono destinato a essere solo.
- Di mancanza di valore: sono senza valore, sono inaccettabile, sono cattivo, sono uno spreco, sono immorale, sono pericoloso, sono tossico, sono diabolico, non merito di vivere.
Formulazione di credenze più funzionali[5]:
Se non faccio bene quanto gli altri, sono un fallimento. | Se non faccio bene quanto gli altri, non sono un fallimento, sono solo un essere umano. |
Se chiedo aiuto, è un segno di debolezza. | Se chiedo aiuto quando ne ho bisogno, sto mostrando buone abilità di problem solving (che è segno di forza). |
Se fallisco a scuola/a lavoro, sono un fallimento come persona. | Se fallisco a scuola/al lavoro, non è un riflesso di tutto il mio Io. (Tutto il mio Io include che tipo di amica, figlia, sorella, parente, cittadina e membro della comunità sono, e le mie qualità di gentilezza, sensibilità nei confronti degli altri, utilità, eccetera). Inoltre il fallimento non è una condizione permanente. |
Dovrei riuscire a eccellere in tutto quello che faccio. | Non dovrei riuscire a eccellere in qualcosa a meno che io non sia particolarmente dotata in quell’area (e abbia voglia e capacità di dedicarvi tempo e impegno considerevoli a spese di altre cose). |
Dovrei sempre lavorare sodo e fare del mio meglio. | Dovrei riuscire a impegnarmi in maniera ragionevole la maggior parte delle volte. |
Se non vivo all’altezza delle mie potenzialità, ho fallito. | Se faccio meno del mio meglio, sono riuscita forse al 70%, 80%, 90%; no allo 0% |
Se non lavoro sempre sodo, fallirò. | Se non lavoro sempre sodo, probabilmente farò abbastanza bene e avrò una vita più bilanciata. |
[1] J. S. Beck, La terapia cognitivo comportamentale, 2008, Roma, Astrolabio, p. 208-210. (Adattato da cognitive behavior therapy worksheet packet. Copyright 2011 di Judith S. Beck. Bala Cyndwyd, Beck Istitute for Cognitive Behavior Therapy, PA. Ripubblicato su permesso in Cognitive Behavior Therapy: Basic and Beyond, Second Edition, di Judith S. Beck (Guilford Press, 2011).
[2] Ivi, p. 174 (figura 10.2)
[3] Ivi, p. 212, (figura 13.4).
[4] Ivi, p. 240, (figura 14.1).
[5] Ivi, p. 221, (figura 13.5).