William James e Carl Lange negli anni 1884-1885, pubblicarono, indipendentemente l’uno dall’altro, una teoria analoga dell’emozione. Entrambi si proponevano di ribaltare la teoria del senso comune dell’emozione, secondo la quale, se chiedo a qualcuno “perché tremi?”, usualmente risponde: “Perché ho paura”, oppure, alla domanda “perché piangi?”, si risponde: “Perché sono triste”. Tali risposte si fondano sulla convinzione che sono le sensazioni a indurre quegli aspetti fisiologici ed espressivi delle emozioni.
Sia James che Lange sostengono che non piangiamo perché siamo tristi, ma ci sentiamo tristi perché piangiamo; non tremiamo perché siamo spaventati, ma abbiamo paura perché tremiamo. La frequenza cardiaca aumenta non perché siamo arrabbiati, ma siamo arrabbiati perché il cuore batte più in fretta. Successivamente con Izard e Schwartz, tale logica è stata estesa anche alle espressioni facciali: non ridiamo perché siamo felici, ma sentiamo una sensazione piacevole perché ridiamo.
Seppur entrambi erano d’accordo sul fatto che l’emozione è la percezione di modificazioni fisiologiche, James e Lange sottolinearono meccanismi fisiologici differenti. Per James, le viscere erano le basi fisiologiche delle sensazioni (lo stomaco e il cuore, per esempio), le espressioni del volto, l’attività motoria e la tensione muscolare, per Lange invece erano le modificazioni del battito cardiaco e la pressione sanguigna.
Quindi con James abbiamo una prima definizione empirica e verificabile di emozione concepita come effetto del “sentire” le modificazioni periferiche dell’organismo, da qui la denominazione di teoria periferica o teoria del feedback. È questa l’idea alla base della famosa frase: “non tremiamo perché abbiamo paura, ma abbiamo paura perché tremiamo”.
La dinamica del processo emotivo si articolerebbe in questo modo: a seguito di un evento emotigeno si realizzerebbe una modificazione neurovegetativa del sistema neurale periferico. Dall’evento semplicemente percepito si passerebbe all’evento emotivamente percepito, ovvero alla percezione delle modificazioni neurovegetative.
James concepisce l’emozione come fondamentalmente radicata nei processi biologici, in particolare nelle visceri (concetto di attivazione fisiologica). Ad ogni emozione è correlata una precisa configurazione di attivazioni neurofisiologiche.
La teoria di James passata al vaglio della metodologia scientifica da Sherrington e da Cannon fu ritenuta incorretta. Infatti è stato dimostrato che anche animali con midollo spinale e nervo vago reciso avevano comunque delle reazioni emotive. Ed inoltre le visceri hanno una sensibilità scarsa, una risposta eccessivamente lenta e una motilità indifferenziata, per essere la sede del radicamento dei processi emotivi.
Ciò però non ha comportato un abbandono del punto di vista periferico che è stato rielaborato a partire da altre ipotesi che descriveremo nel prossimo post.