La teoria di James-Lange è rimasta in auge per molti anni stimolando numerose studi sui processi fisiologici coinvolti negli stati emotivi. In seguito Walter Cannon (1927) un fisiologo, criticò questa teoria evidenziandone alcuni punti deboli.
Innanzitutto per Cannon gli organi viscerali sono poco forniti di nervi e per questo sono strutture scarsamente sensibili. Le variazioni viscerali sono più lente dei cambiamenti che sentiamo nel flusso emotivo, per questo risulta impossibile che le modificazioni viscerali possano produrre i nostri repentini cambiamenti umorali. Inoltre, è stato dimostrato che le risposte emotive ci sono anche quando gli organi viscerali sono chirurgicamente isolati dal sistema nervoso centrale. Infatti alcuni studi su cani con il midollo spinale e i nervi del vago recisi, condizione che comporta l’isolamento delle viscere dal cervello, hanno evidenziato negli animali comportamenti ancora emotivamente connotati: se minacciati o colpiti, abbaiavano, ringhiavano o tentavano di azzannare.
In sintesi, la teoria di James-Lange ci dice che siamo in grado di conoscere le nostre emozioni perché ci sono dei cambiamenti fisiologici specifici che segnalano le sensazioni. Cannon invece sostiene che ad ogni emozione ci sia un unico evento fisiologico correlato. Gli stati viscerali che emergono con la paura e la rabbia sono, per esempio, gli stessi associati alle sensazioni di febbre e freddo. Non è plausibile dunque l’ipotesi secondo la quale le modificazioni fisiologiche negli organi viscerali producano emozioni riconoscibili perché sarebbero troppo indifferenziate. Cannon sottolinea che, ci sono sostanze in grado di produrre mutamenti viscerali analoghi a quelli evidenziati in condizione di intensa attivazione emotiva, senza però che ci siano delle vera e proprie esperienza emotiva. Gregorio Maranon iniettò dell’adrenalina (ormone prodotto dal midollare del surrene) ad un gruppo di volontari. L’adrenalina produsse delle modificazioni fisiologiche nella maggior parte dei soggetti: un aumento del battito cardiaco, restrizione delle pupille e così via. Fu richiesto a tali soggetti di scrivere ciò che sentivano. Il 71% descrisse dei sintomi fisici, ma nessuno parlò di emozione.