Fin dall’inizio la psicoanalisi si è occupata degli effetti che la psiche produce sul corpo, attraverso la parola.
Da un lato il corpo si lascia modificare dalla parola e dall’altro la parola si lascia orientare dal magma corporeo, dagli stati somatici.
Inizialmente Freud è apparso fin troppo radicale nella sua concezione biologista e meccanicistica del funzionamento psichico.
Successivamente gli è stata mossa la critica opposta, la psicoanalisi si riduceva ad una sorta di panpsichismo sessocentrico dove il corpo diventava un’appendice.
Il sintomo isterico, questo «simbolo scritto sulla sabbia della carne»[i] scarica nel corpo un certo quantum di affetti che sfuggono alla rappresentazione, Freud parla in tal senso di “compiacenza somatica”.
Per la psicoanalisi la psiche è radicata nel corpo.
Freud non ha mai accettato di ridurre l’inconscio al corpo, nel senso di lingua del corpo, né a ridotto l’inconscio alla sola dimensione psichica.
È la pulsione l’anello di congiunzione tra lo psichico e il somatico. Dove l’affetto è il suo rappresentante per antonomasia.
L’inconscio è il giusto tramite, il punto
di congiunzione tra la dimensione somatica e quella psichica. È il punto in cui
l’animalità si intreccia con il linguaggio, con l’uomo. Mediante le sensazioni
corporee, l’uomo primitivo conosceva il mondo.
[i] Lacan J., Funzione e campo della parola e del linguaggio, Scritti, Eanudi, Torino, 1974, p. 274.