La perversione tra Freud e Lacan
Lacan puntualizza che “tutto il problema delle perversioni consiste nel concepire come il bambino, nella sua relazione con la madre, relazione che nell’analisi è costituita non dalla dipendenza vitale, ma dalla dipendenza dal suo amore, cioè dal desiderio del suo desiderio, si identifichi con l’oggetto immaginario di questo desiderio in quanto la madre stessa lo simbolizza nel fallo”[1].
Nella perversione, la predominanza della posizione materna è concomitante con una posizione paterna insufficiente: il ruolo e la funzione di padre sono carenti. Il feticista si identifica con il fallo mancante alla madre senza trovare nel padre un ostacolo a questa identificazione: nel padre trova il silenzio, complice del rapporto libidico che si instaura tra la madre e il suo fallo-bambino.
Lacan concepisce la posizione del bambino rispetto alla madre, come caratterizzata dall’enigma della mancanza della madre ed a partire dal bisogno del suo amore. Per avere amore dalla madre il bambino deve rispondere ad una domanda, il punto è: “sapere in che modo il bambino realizza più o meno coscientemente che la madre onnipotente manca fondamentalmente di qualcosa, ed è sempre la questione di sapere attraverso quale via egli le darà quell’oggetto di cui lei manca e di cui egli stesso manca”[2]. La questione è duplice: da un lato abbiamo la mancanza che s’intravede al di là della madre onnipotente, la castrazione dell’Altro assoluto, sui versanti immaginario, simbolico e reale, e dall’altro lato abbiamo il problema di come rispondere al desiderio dell’Altro.
Nel testo freudiano[3] il feticcio è un sostituto del pene: il pene della donna (della madre) a cui il bambino ha creduto e a cui non vuole rinunciare. Il feticcio è il segno di una vittoria trionfante sulla minaccia di evirazione e una protezione contro quella minaccia. Il feticcio è l’ultima impressione, quella che precede l’evento perturbante e traumatico, a essere trattenuta in guisa di feticcio. In casi estremamente raffinati, nell’edificazione dello stesso feticcio hanno trovato accesso sia il rinnegamento sia il riconoscimento dell’evirazione.
La risposta del perverso è caratterizzata da ciò che Freud, aveva spiegato nel concetto di Verleugnung, “rinnegamento” o “disconoscimento”. Lo incontriamo per la prima volta in Alcune conseguenze psichiche della differenza anatomica tra i sessi: “[…] quando, analogamente, il maschietto scopre per la prima volta la regione genitale della bambina, rimane titubante, sembra essere dapprima poco interessato; non ha visto niente, oppure rinnega quel che ha visto”[4]. Freud riprende tale ipotesi nello studio sul feticismo: “Se ora annuncio che il feticcio è un sostituto del pene […] mi affretto ad aggiungere che non è il sostituto di un pene qualsiasi, ma di un pene particolarissimo che negli anni remoti dell’infanzia ha avuto una grande importanza che in seguito però ha perduto. Ciò significa che se le cose fossero andate normalmente a questo pene si sarebbe dovuto rinunciare, mentre il feticcio è destinato precisamente a questo: a salvaguardarlo dall’estinzione. Per dire le cose in termini più chiari il feticcio è il sostituto del fallo della donna (della madre) a cui il piccino ha creduto e a cui […] non vuole rinunciare”[5]. Non si tratta di una percezione rimossa, ma, continua Freud: “La situazione da noi considerata mostra, proprio al contrario, che la percezione si è conservata e che è stata intrapresa un’azione molto energica al fine di istituire e conservare il suo rinnegamento”[6]. La Verleugnung non è presente solo nella perversione, ma la si ritrova anche nella nevrosi. Il terrore della castrazione si palesa in tutti gli esseri maschili dinnanzi alla visione dell’organo femminile e per ogni bambino abbiamo una predisposizione “perversa polimorfa”[7]. È l’effetto prodotto dal rinnegamento a segnare una differenza tra le due strutture: “Si sa, esso [rinnegamento] è mantenuto nella perversione: l’erezione di un feticcio in età adulta ne è la prova inconfutabile. Nella nevrosi la posta in gioco del rinnegamento è ripresa e lavorata, come questione cifrata, attraverso il sintomo e il fantasma. Vi è dunque un uso perverso e un uso nevrotico del rinnegamento. Nella perversione esso continua a occupare un posto determinante[…] . Il nevrotico supera questo terrore”[8].
Lacan sottolinea che nella perversione c’è una carenza della funzione paterna. A fronte di questa insufficienza al bambino non è consentito passare per la castrazione e pertanto egli si identificherà al fallo e cioè si offrirà come fallo alla madre in una modalità diversa da quella del bambino nevrotico, non solo rinnega la castrazione reale della madre, “il soggetto qui si fa strumento del godimento dell’Altro”[9]. Inoltre, in Kant con Sade, egli intreccia il discorso sadiano con l’etica kantiana della “Critica della ragion pratica”, sottolineando che, l’etica impone all’Altro inevitabilmente una divisione soggettiva. L’etica ci conduce davanti ad una scelta, davanti ad una divisione: passioni da un lato e valori, principi o ideali, dall’altro. Lacan dirà: “[…] Questi due imperativi fra cui può essere tesa, fino alla rottura della vita, l’esperienza morale, nel paradosso sadiano ci sono imposti come all’Altro e non come a noi stessi. Ma questa distanza esiste solo a prima vista, perché in modo latente l’imperativo morale agisce nel senso che è dall’Altro che il suo comandamento ci rivolge la sua intimazione. Ci si accorge come qui si riveli francamente ciò cui c’introdurrebbe la suddetta parodia dell’universale evidente nel dovere del depositario, cioè come la bipolarità per cui s’instaura la Legge morale non sia altro che quella scissione del soggetto che si opera per ogni intervento del significante: quella del soggetto dell’enunciazione dal soggetto dell’enunciato”[10]. All’opposto dell’ossessivo che porta dentro di sé il dubbio dilaniante della scelta, il perverso riversa questo dubbio sull’Altro ricavandone un indubbio guadagno: sarà l’Altro a portare in sé la divisione del dover scegliere, mentre al soggetto perverso rimarrà il vantaggio sicuro e confortevole della certezza[11]. Il perverso, contrariamente all’apparenza fenomenica che lo vedrebbe soggetto di uno sfrenato godimento, si fa strumento del godimento dell’Altro.
Lacan chiarisce il primato del fantasma sul sintomo, definendo il modo in cui il soggetto perverso si fa strumento del godimento dell’Altro: “Questo fantasma ha una struttura […] in cui l’oggetto è solo uno dei termini in cui può estinguersi la ricerca che figura. Quando il monumento vi si pietrifica, esso diviene il nero feticcio in cui si riconosce la forma offerta tale e quale, a tempo e luogo ed ancora ai giorni nostri, perché vi si adori il dio. È quel che avviene dell’esecutore nell’esperienza sadica, quando la sua presenza si riassume al limite nel non esserne più altro che lo strumento”[12].
Il silenzio dell’atto perverso
È risaputo che i perversi non si rivolgono all’analista. Ma questa idea deve ogni volta essere ponderata, meglio sarebbe dire che: i perversi non si rivolgono all’analista per la loro perversione. Il perverso è un uomo scientifico: sottomette il godimento perverso ai suoi strumenti scientifici. Non bisogna essere uno specialista della perversione altrimenti si rivaleggia con lui: il perverso necessità di una distanza clinica.
In Kant con Sade il fantasma della perversione è a ◊ $ [13]: il perverso è identificato con l’oggetto piccola a:a/$. Il fantasma inconscio del perverso è ridotto ad una pietra, seppur di fatto il perverso è mobile, attivo, nella vita. Il perverso “sembra” non esistere (come struttura), sembra potersi avviare alla castrazione: ma fondamentalmente egli rifiuta il dolore di esistere, il dolore di essere soggetto parlante ($), è questo dolore che egli rigetta. Nel suo fantasma inconscio è ridotto a oggetto, egli si fa oggetto, è questo ciò che il perverso mostra nella scena, nel suo “teatrino”: è una finta, una truffa, una sbuffonata. Si pensi al romanzo intitolato Avventure di un abate vestito da donna [14] dove si raccontano gli anni di giovinezza di François-Timoléon de Choisy (1644-1724), un travestito eterosessuale. L’Abate Choisy, si traveste, vuole essere amato come si ama Dio. Vuole essere amato in modo “idolatrio”[15]. Dio gode perché è amato, questa è la teoria del perverso. Dio gode dell’amore idolatrio che i credenti provano verso di lui e lui cerca di “rapire” questo “amore” per coinvolgerlo su se stesso. a → $, il perverso moltiplica le azioni, gli atti, i riti, mentre il nevrotico tenta di commemorare la castrazione. Il perverso elegge un monumento alla castrazione “che è stata vinta”: Verleungnung, smentita della castrazione. Il Nome-del-Padre è presente ma il perverso “passa il suo tempo a trasgredire la legge”. Gli atti perversi sono dei rituali sotto legge: “il perverso s’identifica all’oggetto”[16].
Dice Lacan: “Lo si vede nel paradosso costituito in Sade dalla sua posizione nei riguardi dell’inferno. L’idea di inferno, da lui mille volte refutata e maledetta come mezzo di soggezione della tirannia religiosa, ritorna curiosamente a motivare le gesta di uno dei suoi eroi, che tuttavia è uno dei più appassionati della sovversione libertina nella sua forma ragionevole, cioè l’orrido Saint-Fond[17]. Le pratiche con cui si impone alle sue vittime l’ultimo supplizio si fondano sulla credenza di poter risparmiare loro il tormento eterno nell’aldilà”[18]. “[…] Il sadico rigetta nell’Altro il dolore di esistere, ma senza vedere che per questa via egli si muta in un “oggetto eterno”[19].
Nella scena apparecchiata dalla “messa nera” il perverso si fa oggetto: l’oggetto che diventa strumento. Nello scenario satanico della messa nera ognuno ha il suo posto e niente deve cambiare, proprio come accade nello scenario sadiano. Tutto deve restare al suo posto. Il soggetto è ridotto all’oggetto a/$. Non è possibile che la vittima possa diventare il carnefice o che possa godere: “ti frusterò ancora di più così tu non potrai godere”; “il nerbo del factum è dato nella massima che propone la sua regola al godimento, insolita nel suo porsi in termini di diritto alla moda di Kant, dato che si pone come regola universale. Enunciando la massima: “Ho il diritto di godere del tuo corpo, può dirmi chiunque, e questo diritto lo eserciterò, senza che nessun limite possa arrestarmi nel capriccio delle esazioni ch’io possa avere il gusto di appagare”[20].
Contemporaneo a Kant con Sade è il Seminario sull’angoscia (Seminario X) ed è interessante ricordare che Lacan si chiede quale sia l’effetto prodotto nel partner da un soggetto che si identifica all’oggetto? Quale effetto avrà sulla vittima? a → $ : angoscia. È l’effetto prodotto dalla scena silenziosa della messa nera. La matta bestialità delle azioni: puro silenzio, nessuna parola, nessun suono, solo segni, segni di barbaria, non c’è più bisogno di parlare. C’è la presenza del segno sul corpo. La logica del segno che è la logica di una barbaria: non si deve più parlare. Basti pensare alle torture a cui sono sottoposte le vittime sacrificali dei riti satanici. Il perverso si dedica a completare l’Altro, a riempire il buco nell’altro con l’intento di smentire la sua castrazione, per fa esistere un pieno: Dio. S (A) è il matema delle perversioni. Nel caso del godimento nevrotico invece il godimento si è condensato nell’oggetto piccola a, ed il corpo resta come “cerchio bruciato e deserto di godimento”. Il perverso, dal suo canto, intende restituire il godimento al corpo, la “crociata” del perverso è questa: il godimento deve essere rimesso nel corpo, va restituito al corpo. È in questo senso che “il perverso ha di mira l’angoscia dell’altro”: egli lavora per il godimento dell’altro. Il Dio del perverso è Essere-supremo-in-cattiveria[21], è il Dio del male: egli vuole dimostrare che Dio esige il godimento. Il punto cui mira la soluzione perversa è dunque far esistere l’Uno assoluto, far svanire attraverso il godimento del corpo, il buco significante dell’Altro, annullarne la mancanza a livello simbolico[22] .
Bibliografia di riferimento
AA.VV., La cura della malattia mentale, Bruno Mondatori Editori, Milano, 2001
François Timoléon de Choisy, Avventure di un abate vestito da donna, Milano, ES, 1996
Hervé Castanet, 1999, La perversion, Anthropos, Paris
J.-A. Miller, Delucidazioni su Lacan, Torino, 2008 Antigone edizioni
Jacques Lacan, Il seminario. Il libro IV. La relazione d’oggetto, Enaudi, Torino, 1996
Jacques Lacan, Scritti, Einaudi, Torino, 1974, II, 551
Karl Kraus, Detti e contraddetti, traduzione di Roberto Calasso, Bompiani, Milano, 1987; Adelphi, Milano, 1992
Marquis de Sade, Historie de Julette, ed. J.-J. Pauvert, tomo II
Sigmund Freud, Inibizione, sintomo e angoscia e altri scritti 1924-1924, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, Vol. 10
Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale e altri scritti 1900-1905, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, Vol. 4.
[1] Jacques Lacan, Una questione preliminare ad ogni possibile trattamento della psicosi, Scritti, Einaudi, Torino, 1974, II, 551
[2] Jacques Lacan, Il seminario. Il libro IV. La relazione d’oggetto, Enaudi, Torino, 1996, p. 208.
[3] Sigmund Freud, Il feticismo, 1927, Opere di Sigmund Freud (da questo momento OSF), Torino, Bollati Boringhieri, 2000, Vol. 10:491-497 e si veda anche Tre saggi sulla teoria sessuale e altri scritti1900-1905,OSF, Vol. 4: 451-546.
[4] Sigmund Freud, Alcune conseguenze psichiche della differenza anatomica tra i sessi, 1925, OSF, Vol. 10:211
[5] Sigmund Freud, Il feticismo, 1927, OSF, Vol. 10: 492
[6] Ibidem, 10: 493
[7] Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale, op. cit., Vol. 4:499
[8] Hervé Castanet, 1999, La perversion, Anthropos, Paris, p. 49
[9] Jacques Lacan, Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano, in Scritti, op. cit., vol. II, p. 823
[10] Jacques Lacan, Kant con Sade, op. cit., Vol. II, pp. 669-770
[11] Riferimento bibliografico da trovare
[12] Jacques Lacan, Ibidem, p. 772
[13] La definizione algebrica del fantasma: $ ◊ a, dove ◊ (losanga) va intesa sia come “desiderio di” che come “identità che si fonda su una non-reciprocità assoluta” [Commento di Castanet sul simbolo ◊, quindi viene scritto < >: congiungere e disgiungere per evitare che si possa credere che il fantasma sia un meccanismo chiuso] . Da un lato, in evidenza abbiamo il soggetto del desiderio, mentre l’oggetto resta inafferrabile ($ ◊ a), dall’altro in evidenza abbiamo l’oggetto di godimento, in riferimento al quale il soggetto del desiderio sparisce nella sua divisione (a ◊ $).
Lo schema del fantasma sadiano: d sta per desiderio, a è l’oggetto piccola a, V la volontà di godimento, ◊ ed S rappresentano il bruto godimento del soggetto indiviso.
Anche in questo schema si intravede la formula del fantasma. Lo schema è scritto dalla visuale dell’Altro, $è a destra. L’oggetto piccola a consente a Lacan di rileggere la Critica kantiana: egli da un posto all’oggetto noumenico (oggetto nascosto, inafferrabile, ineffabile), evidenziandone la sua dimensione causativa, instaurando “sul perno dell’impuro una nuova Critica della Ragione” (J. Lacan, Kant con Sade, Op. cit., p. 774).
L’oggetto a per Lacan qui fa le veci dell’oggetto Assoluto, nella perversione esso viene deteriorato a oggetto feticcio, oggetto-causa necessario per dinamicizzare il desiderio. L’oggetto a è l’oggetto di godimento, il motore del grafo, ciò che attiva la volontà kantiana che con la lezione sadiana diventa: volontà di godimento che apparentemente mira alla divisione soggettiva $ ma che in realtà ha l’obiettivo di superarla restaurando il soggetto indiviso, il soggetto come puro godente. Il tormentatore sadiano punta a far sorgere l’angoscia nel soggetto, ponendogli dinnanzi l’oggetto a che causa, che produce la sua divisione, che lo produce come soggetto diviso.
Il perverso, ponendosi dal lato dell’Altro, si fa artefice della castrazione della vittima, ma diventa in realtà causa della castrazione proprio per non doverla incontrare egli stesso: si fa strumento della castrazione per non doverne patire gli effetti: $.
L’uso della minaccia rappresenta il modo con cui il tormentatore sadiano produce l’angoscia e la divisione del soggetto: le vittime dovranno esser informate su ciò che sta per accadere loro. L’obiettivo è quello di produrre il soggetto di pura angoscia, scomponendolo, togliendogli ogni parte del corpo, porzione dopo porzione: il perverso mira a raggiungere il soggetto puro, oltre la sua immagine. Le vittime sacrificali di Sade presentano una resistenza straordinaria proprio perché ciò consente al torturatore di continuare a causare l’angoscia suprema. Il dissolvimento del soggetto, l’afanisi, dovrà essere rimandata sempre in avanti. Si noti come la vittima prediletta nei racconti sadiani è la fanciulla che impersona le virtù morali; ella diventa soggetto diviso, sofferente, sottomessa alla Legge morale, propensa ad evitare ogni vantaggio egoistico e finendo proprio per questo per diventare vittima del suo stesso masochismo: ella finisce nelle grinfie del suo partner sadico (J.-A. Miller, Delucidazioni su Lacan, Antigone edizioni, p. 71) Justine sopporta, per giorni e giorni, abusi e violenze di ogni tipo da sadici mascherati da filantropi perbenisti, ma solo un fulmine riuscirà a porre fine alle sue sofferenze spegnendo il suo corpo.
Il godimento sadiano si produce a partire dalla soggettivazione generata nella vittima, mentre l’Altro si trova nel luogo del carnefice. È il dolore la base del godimento sadiano: vengono sovvertite le regole sancite dal principio del piacere.
Il Super-Io, come la volontà sadiana, genera una mancanza nel soggetto, lo fa barcollare producendo una divisione interna con l’intento (da parte del Super-Io) di godere di questo vacillare. Il Super-Io in realtà cela [dietro di sé] l’Altro che gode attraverso il soggetto. Nella nevrosi il desiderio dell’Altro è la castrazione del soggetto [“devi essere castrato”], il nevrotico riassume questa volontà nell’istanza del Super-io. L’Altro si mostra nella forma di Super-Io che, nel nevrotico, gode proprio attraverso il suo [quello del nevrotico] vacillamento. “Godi nel farmi godere”, ordinerebbe il Super-Io: nel far godere l’Altro di cui Il Super-Io è il luogotenente. L’Altro del nevrotico è il Super-Io che gode della sua castrazione. Da un lato la spinta a godere, dall’altro il senso di colpa generato dalla legge morale: ecco Sade con Kant.
Il Super-io, proprio per il senso di colpa che esso ingenera, chiama alla trasgressione: “Tu devi godere così io (Super-Io) potrò godere del tuo vacillare causato dal senso di colpa”
In Kant il soggetto desiderante si trova dinnanzi all’imperativo del Super-Io, dinnanzi all’Altro, alla legge morale, in Sade si palesa l’oggetto a che in Kant, invece, risulta irretito nelle maglie della legge morale. Il fantasma in Kant ha “almeno un piede nell’Altro, quello che conta anzi, anche e soprattutto se giunge a zoppicare” (J. Lacan, Kant con Sade, Op. cit., p. 780): l’accento qui è sul desiderio, sul soggetto desiderante, l’oggetto sfuma, si dissolve.
Con Sade, invece: “L’oggetto del desiderio la dove si propone nudo, altro non è che la scoria di un fantasma in cui il soggetto non si riprende dalla sua sincope. E’ un caso di necrofilia. In generale, esso vacilla in modo complementare al soggetto” (Ibid., pag. 780-81): qui, in primo piano, abbiamo l’oggetto del godimento.
[14] François Timoléon de Choisy, Avventure di un abate vestito da donna, Milano, ES, 1996
[15] Riferimento bibliografico da trovare nel testo di Lacan
[16] Appunti presi durante l’intervento di Castanet: “la clinique du passage à l’acte pervers” integrati con altro materiale raccolto qui e là
[17] Cfr, Marquis de Sade, Historie de Julette, ed. J.-J. Pauvert, tomo II, pp. 196 sgg.: Saint-Fond è un ricco cinquantenne che intrattiene una relazione incestuosa con la figlia, uccide suo padre, tortura altre giovani ragazze fino alla morte e gode nel vedere che la carestia sta spazzando via metà della popolazione francese, in Wikipedia, l’enciclopedia libera
[18] Jacques Lacan, Kant con Sade, op. cit., p. 776
[19] Ibidem, p. 778
[20] Ibidem, p. 768
[21] Ibidem, p. 772
[22] AA.VV., La cura della malattia mentale, Bruno Mondatori Editori, Milano, 2001, p. 129.