Non vi è mai immobilità autentica, se con questo termine intendiamo “assenza di movimento”. Il movimento è la realtà stessa. Ciò che chiamiamo immobilità corrisponde in verità a ciò che si configura quando due treni corrono alla stessa velocità e nello stesso senso su due binari paralleli: ognuno dei due treni è immobile per i passeggeri seduti nell’altro. Questa condizione di “finta immobilità” ci permette di agire sulle cose e consente anche alle cose di agire su di noi. I passeggeri dei due treni sono in grado di tendersi la mano dal finestrino e parlare tra di loro solo perché “immobili”, e cioè solo se viaggiano nella stessa direzione e alla stessa velocità. Il nostro agire ha bisogno di “immobilità” ed è per questo che la eleviamo a rango di realtà, ne facciamo un punto di riferimento assoluto e consideriamo il movimento come qualcosa che vi si aggiunge.