Ce n’est pas ça dice Lacan a proposito della irrapresetabilità della Cosa, del puro questo, della Sensazione, non è questo. Qui si inscrive specificatamente ciò che può essere detto, ciò che abita nel linguaggio e che può solo evocare l’oltre, lo può nominare, “il nominare svela, palesa. Nominare è l’indicare che lascia esperire. Se tuttavia ciò deve accadere allontanandosi dalla vicinanza di ciò che va nominato, allora questo dire il lontano, in quanto dire in lontananza, diventa chiamare. Ma se ciò che va chiamato è troppo vicino, esso dev’essere, in quanto nominato da suo nome, “oscuro”, affinché il chiamato venga scorto (salvaguardandolo) nella sua lontananza. Il nome deve velare. Il nominare, in quanto chiamare che palesa, è al tempo stesso un nascondere.” (Heidegger)
La Cosa fa parola, la choise fait mot, ma la Cosa non è parola. Il dire, il dicibile s’instaura proprio nella distanza tra il soggetto e das Ding tale distanza è appunto condizione della parola (Tarizzo).
La Cosa è l’oggetto perduto, che viene sempre sostituito dagli oggetti che stanno per quello perduto. Il desiderio, in quanto dire s’installa nella distanza tra il soggetto è l’oggetto perduto, e si dipana secondo la legge della metonimia. Si nomina una cosa per un’altra, la legge invisibile, la segreta legge. La coazione a ripetere la sostituzione dell’Uno mantiene viva la possibilità di dire l’indicibilità della Cosa. Il desiderio è causato dalla Cosa. Il desiderio è il desiderio di niente di nominabile. Ciò di cui parliamo è imparentato con la morte, la nominazione nomina l’innominabile. L’orizzonte si fonde con il principio, con l’origine, con la sorgente, la vita, in quanto esistenza, in quanto esserci, si confonde con la morte, con l’orizzonte (Lacan): dietro a ciò che nominato, quello che c’è è innominabile. E poiché è innominabile, con tutte le risonanze che si può dare a questo termine, è apparentato all’innominabile per eccellenza, cioè alla morte (Lacan).
Ecco palesato l’iter che Freud ci fa percorrere nel suo Al di là del principio del piacere, la vita come allestimento scenico della morte. “La vita non vuole guarire…La vita non pensa che a morire” (Lacan, Semianario II, p. 185). Il desiderio di niente di nominabile. La sostanza che suppone la nominazione è il nulla, l’assenza, e questa mancanza viene sostituita con la finzione, con la nominazione. L’innominabile. La morte.
Bibliografia
Davide Tarizzo, Il desiderio dell’interpretazione. Lacan e la questione dell’essere, La città del Sole, 1998
Davide Tarizzo, Introduzione a Lacan, Roma-Bari, Laterza, 2003
Di Caccia A., Recalcati M., Jacques Lacan, Bruno Mondadori, Milano, 2000
Husserl Edmund, Meditazioni cartesiane. Con l’aggiunta dei Discorsi parigini, Bompiani, 2002
J. P. Sartre, Un’idea fondamentale della fenomenologia di Husserl: l’intenzionalità, In: “Che cos’è la letteratura”, Vol. 1, pp.279-282, Il Saggiatore, Milano, 1963.
Jacques Lacan, Libro II, L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi, 1954-55 Traduzione di Alberto Turolla, Clementina Pavoni, Piero Feliciotti, Simonetta Molinari, coordinazione e direzione di Antonio Di Ciaccia, edizione a cura di Giacomo B. Contri, Torino, Einaudi, 1991.
M. Heidegger, La poesia di Hölderlin, a cura di L. Amoroso, Milano, Adelphi, 1981, p. 227.
Sartre Jean-Paul, La trascendenza dell’ego. Una descrizione fenomenologica, EGEA, 1992 trad. di autori vari, Mi 1960