Prefazione alla traduzione di “Della suggestione” di Hippolyte Bernheim
1888, 69-80
L’opera del dottor Bernheim di Nancy costituisce un’eccellente introduzione allo studio dell’ipnotismo. Il merito di Bernheim consiste proprio nell’aver tolto ai fenomeni dell’ipnotismo il loro carattere di stranezza, collegandoli a ben noti fenomeni della vita psicologica normale e del sonno. L’ipnotismo ha trovato un’accoglienza assai sfavorevole tra le persone più in vista della scienza medica tedesca. Ma non è più possibile dubitare della realtà dei fenomeni ipnotici né spiegarne le manifestazioni con la convergenza di creduloneria da parte dell’osservatore e simulazione da parte della persona sottoposta all’esperimento. Un altro argomento contrario all’ipnosi la respinge come pericolosa per la salute della persona soggetta all’esperimento e la bolla col nome di “psicosi prodotta sperimentalmente”. Nel suo libro Bernheim solleva anche un’altra questione, che divide in due opposte fazioni i sostenitori dell’ipnotismo: gli uni, di cui Bernheim appare portavoce, affermano che è unica la fonte per tutti i fenomeni ipnotici, cioè la presenza di una suggestione, di una rappresentazione cosciente immessa nel cervello dell’ipnotizzato attraverso un influsso esteriore e da lui accolta come se fosse sorta spontaneamente. Secondo questa interpretazione tutti i fenomeni ipnotici sarebbero quindi manifestazioni psichiche, effetti di suggestione. Gli altri sostengono invece che alla base del meccanismo di almeno alcuni fenomeni ipnotici stanno alterazioni fisiologiche, cioè spostamenti dell’eccitabilità nel sistema nervoso, senza alcuna partecipazione degli elementi operanti in modo cosciente, e parlano quindi di fenomeni fisici o fisiologici dell’ipnosi. L’ipnosi, comunque sia provocata, è sempre la stessa e presenta gli stessi fenomeni. Rimane tuttavia una lacuna, sottolinea Freud nella Prefazione alla seconda edizione del libro (1896): Bernheim spiega tutti i fenomeni dell’ipnotismo con la suggestione, ma la suggestione stessa resta assolutamente inspiegata, con il pretesto che non ha bisogno di alcuna spiegazione. È una lacuna di cui si sono ben accorti tutti gli studiosi alla ricerca di una teoria psicologica della suggestione.
Recensione a “L’ipnotismo” di August Forel
1889, 81-90
Concisa, estremamente chiara e decisa, l’opera di Forel copre tutta la gamma dei fenomeni e dei problemi compresi sotto la denominazione di “teoria dell’ipnotismo”. Nelle parti introduttive del libro Forel cerca di distinguere nei limiti del possibile tra “fatti, teoria, concetti e terminologia”. Il fatto principale dell’ipnotismo consiste nella possibilità di mettere una persona in una condizione della psiche (o meglio del cervello) simile al sogno. Questa condizione si chiama ipnosi. Una seconda serie di fatti riguarda il modo in cui questa condizione può essere provocata (o fatta cessare). Un terzo gruppo di fatti riguarda il comportamento della persona ipnotizzata. Altri fatti incontestabili sono la dipendenza dell’attività psichica dell’ipnotizzato dall’ipnotizzatore, nonché i cosiddetti effetti postipnotici. A spiegazione dei fenomeni ipnotici sono state elaborate tre teorie principali. La più antica (Mesmer) sostiene che nell’atto dell’ipnotizzare una sostanza imponderabile, un fluido, passa dall’organismo dell’ipnotizzatore in quello dell’ipnotizzato. Mesmer chiama questo agente “magnetismo”. Una seconda teoria, quella somatica, spiega i fenomeni ipnotici secondo lo schema dei riflessi spinali, e vede nell’ipnosi una condizione fisiologica alterata del sistema nervoso, che si può provocare con stimolazioni esterne. Forel, invece, si schiera totalmente a favore di una terza teoria, quella della suggestione. Secondo questa teoria, tutti i fenomeni ipnotici sono effetti psichici, effetti cioè di idee suscitate, intenzionalmente o meno, nell’ipnotizzato. La seconda parte del libro tratta della suggestione e copre tutto l’ambito dei fenomeni psichici che si possono osservare nelle persone sotto ipnosi. Il volume si chiude con un capitolo sull’importanza della suggestione dal punto di vista giuridico.
Trattamento psichico (trattamento dell’anima)
1890, 93-111
Trattamento psichico vuol dire trattamento a partire dall’anima, trattamento – di disturbi psichici o somatici – con mezzi che agiscono sulla psiche. Un tale mezzo è soprattutto la parola, e le parole sono anche lo strumento essenziale del trattamento psichico. Un gran numero di malati, lievi e gravi, con i loro disturbi e le loro lagnanze pretendono molto dall’arte dei medici; in essi, però, non sono rintracciabili segni visibili e tangibili del processo patologico. Un gruppo di questi malati colpisce per la ricchezza e la multiformità dei sintomi (che possono essere influenzati da affetti). In questo caso si tratta di una patologia del sistema nervoso nel suo complesso, cui si è dato il nome di “nervosità” (nevrastenia, isteria). Gli affetti, e in verità quasi esclusivamente quelli depressivi, diventano anche, abbastanza spesso, cause patogene di per sé, tanto di malattie del sistema nervoso con modificazioni anatomicamente dimostrabili, quanto di malattie di altri organi. Stati patologici già avanzati possono essere significativamente influenzati da affetti impetuosi. I processi della volontà e dell’attenzione sono anch’essi in grado di influenzare profondamente i processi corporei e di avere una parte notevole, come promotori o inibitori, nelle malattie somatiche. Lo stato psichico dell’attesa attiva una serie di forze psichiche fra le più efficaci per provocare e sanare malattie somatiche (sono i fenomeni connessi con la fede e con le cosiddette guarigioni “miracolose”). È possibile, mediante lievi interventi, indurre uno stato psichico del tutto particolare che ha molta somiglianza con il sonno e che viene perciò definito “ipnosi”. L’ipnosi produce di per sé un aumento del dominio della psiche sul corpo, e con la suggestione postipnotica il medico può provocare modificazioni nello stato di veglia del paziente. Vanno però considerati alcuni svantaggi dell’ipnosi: l’assuefazione e una dipendenza dal medico ipnotizzatore.
Ipnosi
1891, 112-21
La tecnica dell’ipnotizzare non è meno difficile di qualunque altro procedimento medico. In generale, bisogna evitare di ricorrere all’ipnosi per quei sintomi che hanno un fondamento organico, usandola invece solo per i disturbi esclusivamente funzionali, nervosi, di natura psichica, e per le tossicomanie o altre forme di assuefazione. È importante che un paziente prima di sottoporsi all’ipnosi veda altre persone sotto ipnosi, e impari per imitazione il comportamento da tenere, apprendendo in che cosa consistano le sensazioni che si provano sotto ipnosi. D’importanza decisiva è solo il fatto che il paziente sia o no caduto in stato di sonnambulismo, cioè se lo stato di coscienza indotto dall’ipnosi sia così radicalmente diverso da quello ordinario che al risveglio non persiste in lui alcun ricordo di ciò che si è svolto durante l’ipnosi. Il vero valore terapeutico dell’ipnosi consiste nella suggestione in essa impartita. Con la suggestione si mira o a un effetto immediato, come avviene soprattutto nel trattamento delle paralisi, delle contratture e simili, oppure a un effetto postipnotico, che cioè si realizzi in un particolare momento successivo al risveglio. La durata dell’ipnosi va decisa in base alle esigenze pratiche; una continuazione relativamente lunga dell’ipnosi, che si può estendere anche per parecchie ore, può indubbiamente favorire il successo dell’intervento. La profondità di un’ipnosi non è sempre direttamente proporzionale al suo successo. Non c’è alcun dubbio che il campo d’azione della terapia ipnotica sia molto più ampio di quello degli altri metodi di cura per le malattie nervose. Se l’ipnosi è riuscita, la consistenza della guarigione dipenderà da quegli stessi fattori da cui dipende negli altri metodi di cura.
Un caso di guarigione ipnotica
1892, 1222-33
Oggetto della storia clinica è una giovane signora fra i venti e i trent’anni, la quale non era riuscita ad allattare il suo primo bambino, che perciò era stato affidato a una balia. Tre anni dopo, alla nascita di un secondo bambino, la madre ebbe nuovamente difficoltà ad allattarlo. Non solo il latte non era abbondante, la suzione le causava dolore, l’appetito era scarso, le notti insonni come la prima volta, ma vomitava ogni cibo ingerito e si affliggeva moltissimo della sua incapacità. Dopo due sedute di ipnosi fu in grado di provvedere all’allattamento del bambino, tanto da proseguirlo per otto mesi. Un anno più tardi, la nascita di un terzo figlio le richiese le medesime prestazioni, che lei neppure questa volta riusciva ad assolvere. Tuttavia, dopo la seconda ipnosi, la sindrome regredì di nuovo completamente, tanto che non vi fu bisogno di una terza seduta. La donna proseguì senza disturbi l’allattamento e poté compiacersi del suo ottimo stato di salute. Vi sono rappresentazioni alle quali è collegato uno stato affettivo di attesa. Esse sono di due tipi: proponimenti (“farò questo o quello”) e attese (“mi accadrà questo o quello”). Lo stato affettivo che vi è connesso dipende da due fattori: in primo luogo, dall’importanza che il fatto assume per la persona; in secondo luogo, dal grado di insicurezza di cui è carica l’attesa del fatto. L’incertezza soggettiva, la controaspettativa, è data da una somma di rappresentazioni che possono essere definite “rappresentazioni dolorose di contrasto”. Nelle nevrosi in cui è da considerare anzitutto l’esistenza di una tendenza al malumore e alla diminuzione della sicurezza di sé, il paziente atribuisce grande importanza alle rappresentazioni di contrasto rispetto al suo proponimento. Nel semplice status nervosus tale rafforzamento delle rappresentazioni di contrasto appare collegato all’attesa, intesa come atteggiamento pessimistico generale; nella nevrastenia, associandosi a sensazioni del tutto accidentali, dà origine alle multiformi fobie del nevrastenico.
Estratti: Opere di Sigmund Freud (OSF) Vol 1. Studi sull’isteria e altri scritti 1886-1895, Torino, Bollati Boringhieri, 2003.