Fonte: Jacques Lacan, Il Seminario – Libro XI – I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi 1964, Enaudi, Torino, 2003, p. 135-136.
Incentreremo le cose sullo schema a quattro angoli del nostro grafo, che distingue scientemente il piano dell’enunciazione dal piano dell’enunciato. Il suo uso si chiarisce per il fatto che un pensiero logico troppo formale introduce delle assurdità, cioè un’antinomia della ragione nell’enunciato io mento, mentre tutti sanno che non ce n’è affatto.
È assolutamente falso rispondere a questo io mento che, se tu dici io mento, questo significa che tu dici la verità e, quindi, non menti, e cosi di seguito. E assolutamente chiaro che l’io mento, nonostante il suo paradosso, è perfettamente valido. In effetti, l’io che enuncia, l’io dell’enunciazione, non è lo stesso dell’io dell’ enunciato, vale a dire lo shifter che, nell’ enunciato, lo designa. Di conseguenza, dal punto in cui io enuncio, mi è perfettamente possibile formulare in modo valido che l’io -l’io che, in quel momento là, formula l’enunciato – sta mentendo, che ha mentito poco prima, che mente dopo o persino che, dicendo io mento, afferma che ha l’intenzione di ingannare. Non si deve andare molto lontano da noi per chiarirne l’esempio – pensate alla storiella ebraica del treno che uno dei due compagni della storia afferma all’altro che sta per prendere. Vado a Lemberg, gli dice, al che l’altro gli risponde – Perché mi dici che vai a Lemberg, dato che ci vai veramente, mentre, se me lo dici, è per farmi credere che vai a Cracovia?
Questa divisione tra l’enunciato e l’enunciazione fa si che, effettivamente, dall’io mento che è a livello della catena dell’enunciato – il mento è un significante che fa parte, nell’Altro, del tesoro del vocabolario in cui l’io, determinato retroattivamente, diventa significazione generata a livello dell’enunciato, di ciò che produce a livello dell’enunciazione – risulti un io ti inganno. L’io ti inganno proviene dal punto in cui l’analista attende il soggetto e gli rinvia, secondo la formula, il suo proprio messaggio nella sua significazione vera e propria, vale a dire in forma invertita. Egli gli dice – in questo io ti inganno, ciò che tu invii come messaggio è ciò che io ti esprimo, e in questo modo, tu dici la verità.