1.(1914, 7:443-51)
Il termine narcisismo, in ambito clinico è stato usato per la prima volta da Paul Näcke nel 1899 per indicare quel comportamento che vede il proprio corpo come un oggetto sessuale. La psicoanalisi ha evidenziato che tratti specifici del comportamento narcisistico si riscontrano in molti individui affetti da altri disturbi. L’ipotesi che è emersa è di una ben precisa collocazione libidica a cui va dato il nome di narcisismo, che è riscontrabile in uno spettro vasto di situazioni e che ha anche un suo posto nel fisiologico decorso dello sviluppo sessuale umano. Freud si sentì in obbligo di approfondire il tema del narcisismo primario e normale quando fu chiamato a far combaciare ciò che si sapeva della dementia praecox (Kraepelin) o della schizofrenia (Bleuler) con i fondamenti della teoria della libido. Intanto, questa teoria, fece dei passi in avanti anche grazie alle osservazioni e interpretazioni sulla vita psichica dei bambini e dei popoli primitivi. Non esiste nell’individuo all’inizio della vita un’unità riconducibile a quella di Io. L’Io deve ancora maturare. Le pulsioni autoerotiche sono invece senza dubbio primordiali. Affinché si produca il narcisismo, dunque, è necessaria una nuova azione psichica che deve dunque aggiungersi all’autoerotismo iniziale. Freud confuta la tesi jungiana secondo la quale la teoria della libido sarebbe fallita nel tentativo di applicarla anche alla dementia praecox, e che pertanto sarebbe sbagliata anche per la spiegazione delle altre nevrosi.
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Cfr. S. Freud, Totem e tabù e altri scritti 1912-1914, Opere di S. Freud, Vol. 7 Torino, Bollati Boringhieri, 2000