In qualsiasi punto della rete istituzionale il paziente si trovi (Scuola, Neuropsichiatria Infantile, Comunità Psicoterapeutica…) fondamentale risulta il riferimento a un setting inteso come spazio percettivo e affettivo, caratterizzato da ritmi temporali, regole e limiti molto regolati. La cornice è essenziale proprio in considerazione del fatto che il minore psicotico vive una condizione di confusione temporale, spaziale e spesso corporea. Un altro istituzionale regolato rappresenta un alloggio psichico per quei pazienti che hanno una vita mentale discontinua e frammentata.
Solo negli ultimi tre anni sono più di cento gli studi sperimentali che hanno indagato l’efficacia del metodo psicoterapeutico per il trattamento dei disturbi psicotici. Più di dieci sono le metanalisi di studi randomizzati e controllati: la gran parte riguarda le terapie cognitivo-comportamentali, ma vi è anche un numero consistente di studi riguardanti la terapia interpersonale e incominciano ad esservi ricerche che studiano le psicoterapie psicodinamiche. Un grande contributo alla spiegazione dell’efficacia della psicoterapia psicoanalitica viene, eccezionalmente è il caso di dire, anche dalle discipline neurobiologiche e dalla psichiatria molecolare che sul complesso rapporto mente-corpo hanno messo in evidenza che, nonostante oggi non si possa non avallare l’ipotesi secondo la quale i processi mentali sono strettamente connessi al funzionamento del cervello e che il funzionamento cerebrale a sua volta è legato alla maturazione genetica, le ricerche hanno anche evidenziato che l’apprendimento può incidere sulla stessa espressione genica, anche dopo l’adolescenza, e che, a fronte di questa “individualità biologica plasmabile”, le psicoterapie possono favorire delle vere e proprie modificazioni anatomiche e funzionali del sistema nervoso centrale.