Inconscio

Pulsioni e i suoi destini (1915) Vol. 8: 13-35

La pulsione è intesa come il rappresentante psichico degli stimoli che traggono origine dall’interno del corpo e pervengono alla psiche, come una misura delle operazioni che vengono richieste alla sfera psichica in forza della sua connessione con quella corporea. Per spinta di una pulsione s’intende l’elemento motorio, la somma di forze o la misura delle operazioni richieste che essa rappresenta. La meta di una pulsione è in ogni caso il soddisfacimento che può essere raggiunto soltanto sopprimendo lo stato di stimolazione alla fonte della pulsione. Oggetto della pulsione è ciò in relazione a cui, o mediante cui, la pulsione può raggiungere la sua meta. Per fonte della pulsione si intende quel processo somatico che si svolge in un organo o parte del corpo il cui stimolo è rappresentato nella vita psichica dalla pulsione. I destini delle pulsioni sono essenzialmente caratterizzati dal fatto che i moti pulsionali sono soggetti all’influsso delle tre grandi polarità che dominano la vita psichica: la polarità “attività/passività”, che potrebbe esser indicata come polarità biologica; quella “Io/mondo esterno” come polarità reale; e infine quella “piacere/dispiacere” come polarità economica.

La rimozione (1915) Vol. 8: 36-48

Può essere destino di un moto pulsionale urtare contro resistenze che mirano a renderlo inefficace. Se si verificano determinate condizioni, che saranno ora precisate, esso perviene allora nello stato di rimozione. La rimozione è una fase preliminare, che sta a metà tra la fuga e la condanna; è un concetto che non poteva essere formulato prima dell’avvento degli studi psicoanalitici. La rimozione non si verifica quando la tensione diventa insopportabilmente grande a causa del mancato soddisfacimento di un moto pulsionale. Condizione della rimozione diventa dunque che il motivo del dispiacere ottenga un potere maggiore del piacere che si ricava dal soddisfacimento. La rimozione non è un meccanismo di difesa presente fin dalle origini. La sua essenza consiste semplicemente nell’espellere e nel tener lontano qualcosa dalla coscienza. Abbiamo motivo di supporre l’esistenza di una rimozione originaria, e cioè di una prima fase della rimozione che consiste nel fatto che alla rappresentanza psichica di una pulsione viene interdetto l’accesso alla coscienza. La seconda fase della rimozione, la rimozione propriamente detta, colpisce i derivati psichici della rappresentanza rimossa, oppure quei processi di pensiero che, pur avendo una qualsiasi altra origine, sono incorsi in una relazione associativa con la rappresentanza rimossa. Il motivo e il proposito della rimozione non sono consistiti in altro che nell’evitare il dispiacere. I meccanismi della rimozione non coincidono con quelli della formazione sostitutiva. I diversi meccanismi della rimozione hanno perlomeno un fattore in comune: la sottrazione dell’investimento energetico.

L’inconscio (1985) Vol. 8: 49-54

Premessa; La giustificazione dell’inconscio

La psicoanalisi insegna che l’essenza del processo di rimozione non consiste nel sopprimere un’idea che rappresenta una pulsione, nell’annullarla, ma nell’impedirle di diventare cosciente. In questo caso si dice che essa si trova in uno stato “inconscio”. L’ipotesi di una psiche inconscia è necessaria e legittima. È necessaria perché i dati della coscienza sono molto lacunosi; nei sani non meno che nei malati si verificano spesso atti psichici che possono essere spiegati solo presupponendo altri atti che non sono invece testimoniati dalla coscienza. In ciascun momento la coscienza comprende solo un contenuto limitato, talché la massima parte di quello che chiamiamo sapere cosciente deve comunque trovarsi per lunghissimi periodi di tempo in uno stato di latenza, e cioè di inconsapevolezza psichica. Il postulato dell’inconscio è anche pienamente legittimo giacché in tal caso non ci discostiamo di un passo dal nostro abituale modo di pensare, che in genere è considerato corretto. Nella psicoanalisi non c’è altra scelta: si deve dichiarare che i processi psichici in quanto tali sono inconsci e paragonare la loro percezione da parte della coscienza con la percezione del mondo esterno da parte degli organi di senso.

I diversi significati dell’inconscio e il punto di vista topico (55-59)

Il non essere conscio è solo uno degli aspetti dello psichico, che da solo non basta affatto a caratterizzarlo. L’inconscio (Inc) comprende da un lato atti che sono meramente latenti, provvisoriamente inconsci, ma che per il resto non differiscono in nulla dagli atti consci. Un atto psichico attraversa due fasi fra le quali è interpolata una sorta di controllo (censura). Nella prima fase l’atto è inconscio e appartiene al sistema Inc; se, dopo averlo controllato, la censura lo respinge, gli è vietato di passare alla seconda fase; si chiama allora “rimosso”, ed è costretto a restare inconscio. Se invece supera questo controllo, entra nella seconda fase e viene a far parte del secondo sistema, il sistema conscio (C). L’atto psichico non è ancora cosciente, ma capace di diventare cosciente. Con riguardo a questa capacità di coscienza, diamo al sistema C anche la denominazione di “preconscio” (Prec).

Sentimenti inconsci (60-63)

La contrapposizione di conscio e inconscio non può essere applicata alla pulsione. Una pulsione non può mai diventare oggetto della coscienza, solo l’idea che la rappresenta lo può. Ma anche nell’inconscio la pulsione non può essere rappresentata che da un’idea. Se la pulsione non fosse ancorata a una rappresentazione o non si manifestasse sotto forma di uno stato affettivo, non potremmo saperne nulla. L’uso delle espressioni “affetto inconscio” e “sentimento inconscio” si richiama ai destini in cui è incorso il fattore quantitativo del moto pulsionale in seguito alla rimozione. Questo destino può essere di tre tipi: o l’affetto permane immutato, interamente o in parte; o si trasforma in un ammontare affettivo qualitativamente diverso, soprattutto in angoscia; oppure viene represso, e cioè il suo sviluppo è completamente bloccato. In tutti i casi in cui la rimozione riesce a inibire lo sviluppo degli affetti noi diciamo che quegli affetti (che ripristiniamo annullando il lavoro della rimozione) sono “inconsci”. È possibile che lo sviluppo dell’affetto proceda direttamente dal sistema Inc, e allora esso ha sempre il carattere dell’angoscia, la quale prende il posto di tutti quanti gli affetti rimossi. Ma spesso il moto pulsionale deve aspettare finché non abbia trovato una rappresentazione sostitutiva nel sistema C. In questo caso lo sviluppo dell’affetto può avvenire soltanto a partire da questo sostituto cosciente, la cui natura determina il carattere qualitativo dell’affetto stesso.

Caratteri specifici del sistema  Inc (70-73)

La contrapposizione di conscio e inconscio non può essere applicata alla pulsione. Una pulsione non può mai diventare oggetto della coscienza, solo l’idea che la rappresenta lo può. Ma anche nell’inconscio la pulsione non può essere rappresentata che da un’idea. Se la pulsione non fosse ancorata a una rappresentazione o non si manifestasse sotto forma di uno stato affettivo, non potremmo saperne nulla. L’uso delle espressioni “affetto inconscio” e “sentimento inconscio” si richiama ai destini in cui è incorso il fattore quantitativo del moto pulsionale in seguito alla rimozione. Questo destino può essere di tre tipi: o l’affetto permane immutato, interamente o in parte; o si trasforma in un ammontare affettivo qualitativamente diverso, soprattutto in angoscia; oppure viene represso, e cioè il suo sviluppo è completamente bloccato. In tutti i casi in cui la rimozione riesce a inibire lo sviluppo degli affetti noi diciamo che quegli affetti (che ripristiniamo annullando il lavoro della rimozione) sono “inconsci”. È possibile che lo sviluppo dell’affetto proceda direttamente dal sistema Inc, e allora esso ha sempre il carattere dell’angoscia, la quale prende il posto di tutti quanti gli affetti rimossi. Ma spesso il moto pulsionale deve aspettare finché non abbia trovato una rappresentazione sostitutiva nel sistema C. In questo caso lo sviluppo dell’affetto può avvenire soltanto a partire da questo sostituto cosciente, la cui natura determina il carattere qualitativo dell’affetto stesso.

La comunicazione fra i due sistemi (74-79)

L’Inc si prolunga in quelle che sono state chiamate le sue propaggini, si lascia condizionare dalle vicende dell’esistenza, influenza costantemente il Prec ed è persino soggetto, a sua volta, all’influenza del Prec. Fra le propaggini dei moti pulsionali inc del tipo descritto, ve ne sono alcune che riuniscono in sé determinazioni fra loro opposte. Da un lato sono altamente organizzate, non contraddittorie, hanno utilizzato tutte le acquisizioni del sistema C, e il nostro giudizio potrebbe difficilmente distinguerle dalle formazioni di questo sistema. D’altro lato sono inconsce e incapaci di divenire coscienti. Una parte assai cospicua del preconscio deriva dall’inconscio, ha il carattere delle sue propaggini ed è soggetta a una censura prima di poter diventare cosciente. L’Inc viene respinto dalla censura al confine del Prec; sue propaggini possono eludere questa censura, organizzarsi considerevolmente, svilupparsi fino a raggiungere nel Prec una determinata intensità di investimento; ma poi, se superano questo limite e vogliono imporsi alla coscienza, sono riconosciute nella loro qualità di derivati dell’Inc e ancora una volta rimosse dalla nuova censura che si trova al confine fra Prec e C. La prima censura funziona così contro lo stesso Inc, l’ultima contro le sue propaggini prec.

Il riconoscimento dell’inconscio (80-88)

Negli schizofrenici si osserva una serie di mutamenti del linguaggio. Il modo di espressione diventa spesso oggetto di particolare cura, diventa ricercato, affettato. Nel contenuto di questi modi di esprimersi emerge spesso in primo piano un rapporto con organi o innervazioni corporee. In quei sintomi della schizofrenia che possono essere paragonati alle formazioni sostitutive dell’isteria o della nevrosi ossessiva, la relazione fra il sostituto e il rimosso rivela nondimeno proprietà che in queste due nevrosi sorprenderebbero. Nella schizofrenia le parole sono sottoposte allo stesso processo che trasforma i pensieri latenti del sogno in immagini oniriche, e che la psicoanalisi ha chiamato processo primario. Esse vengono condensate e, in virtù dello spostamento, trasferiscono interamente i loro investimenti l’una sull’altra. Se ci si chiede che cosa conferisca alla formazione sostitutiva e al sintomo schizofrenico il loro carattere peregrino, ci si rende conto che è il predominio del rapporto verbale su quello reale. La rappresentazione conscia comprende la rappresentazione della cosa più la rappresentazione della parola corrispondente, mentre quella inconscia è soltanto la rappresentazione della cosa.

S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, Torino, Bollati Boringhieri, 2002.