Il transfert è vero amore ma è al contempo la relazione più falsa che ci sia. Scoprendo la potenza del transfert Freud ha deciso di “servirlo per servirsene” affinché il paziente possa aprirsi alla dimensione del desiderio. Il transfert è amore, ma come trattare questo tema dal punto di vista psicoanalitico? Come inserire l’amore all’interno di una topologia? Il Simposio di Platone ci aiuta a capire come e se è possibile parlare di amore. Per Lacan, l’idea della comunicazione tra due inconsci non è un errore, ma è una posizione un po’ dubbia: può sfociare nell’irrazionale. Rispetto a questa tradizione che consente all’analista di usare le proprie emozioni per curare, oppone l’idea che l’analista metta il proprio oggetto a nell’analista.
La posizione di Socrate è molto vicina a quella dello psicoanalista. Chi è Socrate? Socrate è un atenese piuttosto strano che poneva delle domande strane agli atenesi. Fu accusato di non rispettare le leggi e di forviare i giovani. Dopo essere stato condannato a morte lascia l’aula parlando dell’immortalità dell’anima. Socrate è affetto da continue crisi: quando ha un pensiero ci si deve soffermare fintanto che non riesce a risolverlo. Ha una straordinaria forza fisica e dal Simposio sappiamo che aveva combattuto battaglie, sprezzante del pericolo. Socrate ha un’intelligenza straordinaria, ma l’unica cosa che sa è di non sapere. Socrate non è collocato nell’orizzonte politico della polis. Lui è escluso da questa polis, dall’etica dei beni. In Socrate si riscontra uno svuotamento del desiderio da ogni forma di oggetto, che rende possibile quel vuoto in grado di accogliere il desiderio dell’altro, nel caso della psicoanalisi, del paziente. Socrate è un prototipo dell’analista. Il vuoto rende possibile uno spazio del desiderio dell’analizzante. Socrate dice: non so niente se non poche cose che riguardano l’amore. So poco e quel poco è concernete l’amore.
Il sintomo analitico ha qualcosa che va al di là del dolore: oltre a “fare male” è anche enigmatico. Il paziente attribuisce a questa “cosa” un valore inconscio che gli sfugge. Abbiamo il dolore più l’enigma. Ecco il sintomo freudiano. Se abbiamo solo il dolore allora parliamo di sintomo psicoterapico: qualcosa fa soffrire, mi rivolgo a qualcuno che mi fa stare meglio. Attraverso il sintomo il soggetto incontra qualcosa del desiderio che lo interroga, un questionamento sulla direzione che vuole prendere. Pur essendo spaesato il soggetto sviluppa una credenza: il sintomo ha il valore di un messaggio. Per avere un sintomo di questo tipo è necessario che ci sia una domanda, l’enigmaticità diventa oggetto di un lavoro, viene rivolta a qualcuno che possa accoglierla. La persona a cui la rivolgo deve sapere qualcosa di quello che mi accade: è il transfert che istituisce l’Altro come destinatario di una domanda.
Solo in seconda battuta la motrice del transfert è l’analista. Il primo movimento è l’inconscio. L’analista è solo un sembiante di un destinatario, il destinatario è il soggetto stesso.
Nel Seminario XI il concetto di godimento è sostituito con quello omologo di “sessuale”. Se la ripetizione rappresenta il movimento simbolico che salvaguardia da un cattivo incontro con il sessuale, il transfert, invece, per certi versi lo presentifica. Sappiamo che per Lacan la pulsione è un’articolazione della ripetizione col transfert, ovvero si presenta come una ripetizione significante che lascia emergere un godimento. L’inconscio è considerato da Lacan come animato da un battito pulsante che si origina dalla sua realtà sessuale. C’è da sottolineare che i quattro concetti, ripetizione, transfert, pulsione e inconscio, si articolano intorno alla concezione di oggetto. La centralità dell’oggetto consente a Lacan di introdurre lo schema dell’alienazione e della separazione che illustra la natura della relazione che si instaura fra il soggetto dell’inconscio e l’oggetto a.
Il transfert è un volano per la cura, fondamento per ogni possibile interpretazione, ma è allo stesso tempo un ostacolo, un momento di chiusura dell’inconscio, intoppo immaginario nel processo dialettico della cura, come era già emerso nell’“Intervento sul transfert” (1951). Nel Seminario XI il transfert è in relazione con l’inconscio in quanto sessuale. La ripetizione, a differenza del transfert che rappresenta una potenziale chiusura al lavoro analitico, rappresenta un momento di possibile apertura dell’inconscio. La ripetizione, infatti, mette in scena l’essenza della struttura significante che si ripete. Se il transfert, da un lato, è caratterizzato da una certa vischiosità libidica, è immaginario, la ripetizione mostra limpidamente il funzionamento della catena simbolica attraverso la sintassi che si dipana nella ripetizione periodica. La ripetizione, che mette in luce le regole sintattiche della struttura significante, si caratterizza per il continuo tentativo di ritrovare l’oggetto perduto. Se inizialmente l’oggetto perduto è annullato ed il piacere ad esso legato è sostituito dalla ripetizione significante, nel Seminario XI, la ripetizione tende continuamente ad afferrarlo, seppur mancandolo ogni volta. L’oggetto resta perduto. L’oggetto annullato è contemporaneamente causa della ripetizione e obiettivo verso il quale questa ultima tende. La ripetizione, se da un lato spinge per evitare l’incontro con quel reale iniziale del trauma, dall’altro lato, insistentemente rimanda a quel reale. Ciò che viene mancato nella ripetizione è stagnante nel transfert. Sia nel transfert che nella ripetizione il perno è lo stesso, l’oggetto piccola a. Se il transfert scosta la domanda dalla pulsione, dovrà essere il desiderio dell’analista a ricondurcela, solo così è possibile isolare l’a, mettendolo il più lontano possibile dall’I che l’analista incarna. L’analista deve spostarsi da lì, da questa idealizzazione, per diventare invece supporter dell’a separatore.